“Il diritto di emigrare fa parte dei diritti della carta dei diritti umani dell’Onu. In un’epoca in cui i Paesi repressivi, in particolare quelli del blocco sovietico, impedivano alle persone di migrare. È un diritto umano fondamentale. Il problema è che a diritto a emigrare non corrisponde un dovere di accogliere”, così Maurizio Ambrosini, sociologo delle migrazioni e docente all’Università Statale di Milano, intervenuto al Tg Plus di Cusano Italia Tv condotto da Aurora Vena.
Migranti, il sociologo Ambrosini: “Gli sbarchi sono la forma più drammatica e visibile di arrivo ma non la principale”
In vista del Consiglio Europeo del 23 e del 24 marzo, Giorgia Meloni ha riferito in Aula e sul tema delle migranti ha detto che “prima di ogni ipotetico diritto a migrare, ogni essere umano ha il diritto a non essere costretto a migrare in cerca di una vita migliore”
“Sono due questioni da tenere distinte in realtà – spiega Ambrosini. È vero c’è una necessità di difendere le persone contro la repressione, contro le guerre, fare in modo che, se vogliono, possano rimanere nel proprio Paese, che non siano costrette a emigrare. Su questo darei a ragione alla premier. Però anche ammettendo che dobbiamo investire sul diritto non emigrare, bisogna decidere che cosa fare finché non si è riusciti ad assicurare a 8 miliardi di esseri umani del mondo il diritto a rimanere in condizioni sicure nel Proprio paese di origine. E qui c’è un altro fronte di conflitto”.
Le opposizioni attaccano il governo sostenendo che gli sbarchi sono triplicati. La presidente del Consiglio ha detto che alla frontiera meridionale marittima stiamo assistendo a una pressione migratoria senza precedenti.
“No non è vero per due fondamentali ragioni – continua il sociologo. Non dimentichiamo che in Italia le richieste di asilo sono molte meno che nei principali Paesi Europei. Cito dati 2022: 77mila richieste in Italia contro 217mila in Germania, 137mila in Francia, 116mila in Spagna. In realtà le persone che chiedono asilo arrivano in molti modi diversi e non solo via mare. Per esempio il 15% è entrato da Paesi che non hanno nemmeno l’obbligo del visto. Gli altri sono entrati con visti legali per lo più da Paesi come il Venezuela, che è un Paese di origine importante di persone che chiedono asilo. Quindi gli sbarchi sono la forma più drammatica e visibile ma non la principale di arrivo delle persone che chiedono protezione e assistenza. Abbiamo avuto periodi in cui gli stessi sbarchi dal mare sono stati più numerosi. In modo particolare nel periodo 2015/2017 prima che allora ministro gli Interni Minniti sottoscrivesse in controversie accordi con la Libia”.
“Quindi è vero che c’è un aumento, che peraltro segue anni di blocco a causa della pandemia e della grande riduzione della possibilità di spostamento. È vero che il decreto contro le Ong ha dimostrato di avere sparato contro un falso bersaglio. Le Ong salvavano e portavano in Italia circa il 12% degli sbarcati. Tolte le Ong dalle acque e gli sbarchi sono aumentati quindi quel decreto era evidentemente un manifesto ideologico. Poi i richiedenti asilo arrivano per diverse ragioni. Per esempio la crisi in Tunisia, la conflittualità in tanti parti del mondo. Penso agli arrivi dell’Afghanistan. come quelli di Cutro. Quindi pretendere dall’Italia di poter fermare cioè fenomeni di planetari, turbolenze, crisi purtroppo così serie e diffuse, è velleitario”.
Ambrosini sul decreto flussi
Con il decreto flussi il governo italiano prevede vie preferenziali per i Paesi che organizzeranno campagne mediatiche per prevenire le partenze. È inoltre stabilita la quota di immigrati che possono fare ingresso in Italia per motivi di lavoro.
“Il lavoro e l’economia sono la principale molla dell’integrazione. La sfortuna dei rifugiati negli ultimi 10 anni è di essere arrivati in un Paese che era in una difficile situazione economica, e che aveva meno occupazione da offrire rispetto ai vent’anni precedenti, in cui è più di due milioni e 300mila immigrati hanno trovato occupazione regolare in Italia. Quindi effettivamente puntare sul lavoro è importante. Il decreto flussi, che già esisteva, già il governo Draghi aveva alzato le quote, e il governo Meloni con 84mila nuovi ingressi, per lo più però per lavoro stagionale, abbiamo fatto un altro passo avanti. A Cutro sembra assumere una posizione ancora più favorevole all’ingressi per lavoro e segna da questo punto di vista un avvicinamento dell’Italia a quello che sta venendo in altri Paesi avanzati in Europa: Germania, Spagna e Francia. In tutte e tre i Paesi nel 2022 sono state emanate nuove norme o soni state preparate per far entrare più lavoratori“.
“Il problema degli ingressi di manodopera c’è un po’ ovunque. Però i problemi sono la complessità procedurale. Lo stesso governo Meloni, per esempio, prevede che si verifichi prima la disponibilità di disoccupati italiani prima far entrare dei lavoratori dall’estero e quindi questo crea lungaggini. Rende più complesso soddisfare le domande dell’imprenditori. L’altro problema è che i lavoratori si fanno entrare da Paesi amici, da Paesi con cui hanno buone relazioni. Nella lista dei Paesi che potevano presentare candidatura all’ingresso con il decreto flussi precedente l’Afghanistan non compariva, così come non compariva la Siria”.
“Il decreto flussi può consentire di soddisfare una parte delle domande di Tunisia e Egitto. Alcuni paesi con cui cerchiamo di intrattenere buoni rapporti e anche di coinvolgerli nelle politiche del contenimento dei rifugiati. Però ci sono molti altri Paesi di origine che non sono coperti dal decreto flussi. Quindi è una soluzione molto parziale rispetto alla sfida degli arrivi di persone in cerca di asilo” aggiunge Ambrosini.