“Lo dico con la mano sul cuore: non ho mentito alla Camera dei Comuni” inizia così l’audizione dell’ex premier britannico Boris Johnson nell’ambito dell’inchiesta Partygate. L’intervento è stato interrotto dopo pochi minuti, perché coincideva temporalmente con il voto sul protocollo post Brexit sull’Irlanda del Nord, il così detto Windsor Framework, ma rimane un punto cruciale sulla vicenda. Lo scopo della commissione che indaga (la Privileges Committee) è infatti quello di accertare se l’ex Primo Ministro abbia mentito o meno ai parlamentari sulla questione dei festini organizzati durante il lockdown. Se i deputati dovessero pronunciarsi con verdetto negativo BoJo rischierebbe la sospensione del seggio o addirittura l’esclusione dalle stanze di Westminster. Secondo i giornali britannici, equivarrebbe alla fine di ogni sua ambizione politica.
Partygate: lo scandalo dei festini durante il lockdown
La vicenda Partygate risale ad eventi che si sono svolti tra il maggio 2020 e l’aprile 2021 e riguarda le feste organizzate a Downing Street, a Londra, durante la pandemia da Covid19: Johnson è stato accusato di aver organizzato quei ritrovi in barba alle restrizioni che lui stesso aveva imposto. Lo scandalo gli è costato le dimissioni la scorsa estate da Primo Ministro e da leader dei Tories. Ecco perché la testimonianza resa oggi è così importante, anche se l’oggetto delle indagini parlamentari in corso non è tanto accertare i fatti, quanto capire se le dichiarazioni di Jonhson quando era ancora Primo Ministro fossero volte a mentire al Parlamento.
Boris Jhonson aveva già ammesso di aver mentito, ma “in buona fede”
L’intervento è stato preceduto da una dichiarazione di memoria difensiva pubblicata ieri in cui l’ex Primo Ministro ammette che i deputati furono fuorviati dalle sue prime dichiarazioni sul Party gate, ma che questo avvenne in buona fede. All’epoca infatti Johnson disse che durante le feste nessuno aveva violato le regole sul distanziamento sociale, affermazione poi rivelatasi non veritiera. Insomma, la linea difensiva è stata impostata sulla linea “dell’inganno volontario”. Una scelta che non è piaciuta ai suoi avversari politici che ne sottolineano il tono si sfida e la totale assenza di rimorso o imbarazzo. L’audizione si è interrotta quasi subito per lasciare spazio al voto sul Windsor Framework Act, l’accordo di revisione del protocollo post Brexit per l’Irlanda del Nord raggiunto di recente con Bruxelles. Anche su questa vicenda l’ex Premier ha deciso di sfidare il suo successore alla guida dell’Esecutivo Rishi Sunak, annunciando che avrebbe votato no.