Nonostante il covid-19 sia ormai agli sgoccioli, per stessa ammissione degli esperti, ci sono alcuni effetti collaterali che allarmano la comunità scientifica: uno di questi è la Candida auris, un fungo in grado di resistere a molti trattamenti e di provocare infezioni dalla mortalità piuttosto elevata.

Secondo Matteo Bassetti, primario di Malattie Infettive al San Martino di Genova ma anche responsabile di Sita (Società italiana di terapia antinfettiva), essa si aggira tra il 30% e il 50%. Il virologo la definisce una “brutta bestia e pertanto è necessario alzare il livello di attenzione e sorveglianza, nell’ottica di un approccio prudente ma che non sottovaluti il pericolo.

Bassetti ha inoltre confermato che esiste già uno storico di questo batterio e attribuisce l’aumento esponenziale dei casi, in Italia come soprattutto negli Stati Uniti, a una progressiva sottovalutazione del problema durante l’epoca del coronavirus. Nel suo intervento alla stampa, il medico si è detto sicuro che il governo e il ministro Schillaci sapranno adottare le giuste precauzioni nel presente e nel futuro.

Candida auris, negli Stati Uniti dilaga il batterio che resiste ai farmaci

Nel frattempo cresce l’allerta nelle strutture sanitarie statunitensi come riferito dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC). I dati in possesso delle autorità americane sono pressoché sovrapponibili a quelle italiane, a partire dal tasso di letalità (che in questo caso alza il tetto massimo al 60%). Più a rischio i soggetti che presentano un sistema immunitario già indebolito, dunque facilmente accessibile dagli agenti patogeni.

I pazienti che sono stati ricoverati a lungo in ospedale, che hanno un catetere venoso o altri tubi che entrano nel corpo, oltre a coloro i quali hanno assunto in precedenza antibiotici o farmaci antimicotici sono ritenute le categorie più a rischio, con l’infezione in grado di essere trasmessa sia tramite gli oggetti (in questo caso è dunque fondamentale l’igienizzazione e la pulizia delle superfici) che da persona a persona.

La Candida auris richiede attrezzature di laboratorio specializzate per essere identificata e la sua resistenza ai comuni farmaci antimicotici la rende difficile da trattare, aggravando il problema. Il fungo è stato identificato per la prima volta in Giappone nel 2009, ma successivamente è stato rintracciato in campioni trovati in Corea del Sud già nel 1996. Da allora si è diffuso in circa 30 Paesi ed è stato individuato per la prima volta negli Stati Uniti nel 2016, causando una maggiore preoccupazione dopo che il numero di infezioni è aumentato del 95% tra il 2020 e il 2021, passando da 759 a 1.471, in un momento in cui il mondo era ampiamente preoccupato dalla pandemia Covid-19.

La malattia è stata riscontrata in più della metà degli Stati americani e il Mississippi è attualmente fonte di particolare preoccupazione, con 12 casi rilevati da novembre e quattro decessi potenzialmente associati al fungo. Il nuovo studio del CDC che ha portato alla diffusione dell’allerta è stato guidato dalla dottoressa Meghan Lyman, responsabile medico della sezione malattie micotiche dell’istituto. In ogni caso, l’invito è a non generare un clima di panico diffuso all’intera comunità, in quanto il fenomeno è già associato a specifiche categorie di persone.