La telefonata tra Elly Schlein e Stefano Bonaccini ha aperto ufficialmente il dossier assetti interni e capigruppo. In particolare sulle presidenze dei gruppi c’è un’accelerazione. E in Transatlantico c’è chi non esclude una soluzione in tempi ravvicinati. Forse già domani Elly Schlein potrebbe incontrare i gruppi prima di partire per Bruxelles dove è attesa in serata per un incontro con gli eurodeputati Pd e poi giovedì per il summit dei vertici del Pse in vista del Consiglio Ue. Tuttavia dalle parti della minoranza non mancano i malumori, serve ancora un po’ di tempo, l’accordo non è affatto chiuso. Francesco Boccia resta in pole, saldo per palazzo Madama. Per la Camera la soluzione più gettonata nei capannelli a Montecitorio è Chiara Braga. Ma, ambienti della minoranza dem, non danno per escluso che alla fine le cose possano cambiare, insomma che una presidenza vada ai ‘bonacciniani’. Magari alla Camera con la conferma di Debora Serracchiani o con Simona Bonafè. L’ipotesi resta sullo sfondo.
Con i capigruppo ci sarà anche da votare l’ufficio di presidenza con i vice e tutto il resto. La composizione della segreteria resta ancora un puzzle tutto da definire. I nomi in pole per la maggioranza Schlein restano quelli di Marco Furfaro, Alessandro Zan, Marco Sarracino, Stefania Bonaldi, Alfredo D’Attorre, Marta Bonafoni, Antonio Misiani, Michela De Biase, Peppe Provenzano, Sandro Ruotolo. Una segreteria in cui dovrebbero esserci anche personalità dell’area Bonaccini se si andrà nelle direzione di una gestione unitaria come emerso dall’assemblea del 12 marzo scorso. Tra i nomi possibili Davide Baruffi, Pina Picierno, Alessandro Alfieri, Andrea Rossi. Ma si tratta di ipotesi. Perché la vera trattativa interna al Partito Democratico e’ ancora in stand by. Si tratta di uno stallo che nessuno si sarebbe aspettato.
Nell’area Bonaccini cresce il fronte del ‘no’ all’ipotesi di lasciare entrambe le presidenze alla maggioranza. Il mantra dei parlamentari che guardano a Bonaccini è “in ogni caso, decide Stefano”. A questo, tuttavia, viene aggiunto che “l’ipotesi di lasciare entrambi i capigruppo alla maggioranza del partito non puo’ essere presa in considerazione. Non e’ mai successo”, viene spiegato, “nemmeno quando a vincere e’ stato Matteo Renzi con oltre il 70 per cento”. Insomma, Elly Schlein ha vinto il congresso ma non ha ancora conquistato il partito.