Pensione quota 41 senza vita d’uscita, almeno fino a tutto il 2024. Il confronto tra il governo guidato da Giorgia Meloni, i sindacati e le parti sociali – con i tavoli di riforma che si stanno tenendo da due mesi al ministero del Lavoro – finora non hanno prodotto vere e proprie alternative ai rigidi meccanismi di uscita della legge Fornero. Peraltro, gli ultimi dati disponibili dell’Inps dimostrano che i canali di uscita anticipata dal lavoro stanno assicurando ai lavoratori di andare in pensione a poco più di 60 anni, con circa un terzo dei neo-pensionati che abbandona il lavoro ben prima della vecchiaia. In più c’è la situazione dei conti pubblici che non permetterebbe di adottare canali di uscita costosi, qual è la quota 41. Secondo le stime, mettere a regime la nuova misura costerebbe 9 miliardi di euro all’anno. In attesa di tempi migliori, prende corpo l’ipotesi di una proroga della quota 103 che andrà in scadenza il 31 dicembre 2023.
Pensione quota 41 quando? Ultime notizie riforma
Non è ancora chiaro quali saranno i meccanismi di pensione anticipata che andranno a regime nel prossimo anno, il 2024. I tavoli che si stanno tenendo al ministero del Lavoro da due mesi a questa parte con la presenza dei sindacati e delle parti sociali non stanno producendo un canale di uscita alternativo a quelli che già sono a disposizione di chi si appresti ad andare in pensione. Con il trascorrere del tempo, sta prendendo piede l’ipotesi di una proroga di quota 103, misura sulla quale fino a poche settimane fa abbondavano gli interrogativi circa la sua scadenza di sperimentazione, fissata al 31 dicembre 2023. Ad oggi, questa misura consente di andare in pensione a 62 anni di età – largamente in media con gli effettivi prepensionamenti osservati dall’Inps nell’ultimo anno – purché in possesso di 41 anni di contributi. Il problema riguarda semmai i lavoratori precoci, cioè i contribuenti che hanno iniziato a lavorare fin dall’età dell’adolescenza versando almeno un anno di contributi fino ai 18 anni secondo le regole attuali. Per questa platea, che sta attendendo la “quota 41 per tutti” e senza i vincoli della misura ad oggi in vigore, l’attesa potrebbe prorogarsi. Molto probabilmente, sarà un obiettivo di fine legislatura o, per lo meno, non prima della metà del mandato di Giorgia Meloni. Anche se il centrodestra, e soprattutto la Lega di Matteo Salvini, continuano a considerarla imprescindibile per una vera riforma delle pensioni.
Pensione anticipata in un nuovo trattamento previdenziale su tre, il resto vecchiaia, invalidità e superstiti
Intanto, gli ultimi dati Inps sulle pensioni testimoniano come l’attuale struttura della previdenza consenta ai lavoratori di andare in pensione anticipata rispetto alla vecchiaia in tre uscite su dieci. E che l’età di prepensionamento si attesti poco al di sopra dei 60 anni, come testimoniato dalla media delle pensioni di 61,1 anni per gli iscritti al Fondo pensioni dei lavoratori dipendenti, di 61 anni per i mezzadri, coloni e e coltivatori diretti, di 61,4 per gli artigiani, di poco più di 62 anni per i commercianti, e di 62,4 per i dipendenti del pubblico impiego. Numeri che, dunque, testimonierebbero quanto i canali a disposizione dei contribuenti per andare in pensione prima siano efficienti nel far risparmiare oltre quattro anni di lavoro. Il problema si pone per chi ha iniziato ben presto a lavorare ed è arrivato alla soglia dei 60 anni con quattro decenni di contributi versati: con l’attuale normativa, si deve attendere almeno i 62 anni di età per la quota 103 o continuare a lavorare un anno e dieci mesi in più per maturare la pensione anticipata dei soli contributi, in assenza della quota 41 senza vincoli. Nel 2022, su 779.791 nuovi trattamenti erogati di pensione, l’Inps calcola che 241.339 siano maturati per effetto di pensionamenti anticipati e prepensionamenti, pari al 31 per cento del totale, rispetto ai 276.468 pensionamenti ordinari di vecchiaia. La restante fetta dei pensionamenti è andata agli invalidi (42.063 trattamenti) e ai superstiti per 219.921 nuove prestazioni.
Governo di pagliacci sono prima promesse in campagna elettorale adesso ritrattano tutto. Meloni e Salvini non sapevano che non c’erano soldi per fare la quota 41. Vergogna lei e i suoi compagni di merende