Resta in carcere Rosalia Messina Denaro, detta “Rosetta”, la sorella del super boss di Cosa Nostra arrestata nelle scorse settimane per associazione mafiosa. Il Tribunale del Riesame di Palermo ha infatti rigettato la richiesta di scarcerazione avanzata dai legali della donna, condannandola anche al pagamento delle spese previste.
Rosalia Messina Denaro carcere: per il Tribunale del Riesame è no alla scarcerazione
Rosalia Messina Denaro è la più grande delle sorelle di Matteo Messina Denaro e lo scorso 3 marzo è stata tratta in arresto dai carabinieri del Ros di Palermo nell’ambito delle indagini seguite alla cattura del boss per far luce sulla rete di fiancheggiatori che ne ha permesso la lunga latitanza. Secondo i pm della Dda, “Rosetta”, come la donna viene chiamata a Campobello di Mazara, il paese nel Trapanese di cui è originaria la famiglia, si sarebbe occupata di gestire, in mancanza del fratello, molti degli affari del clan e avrebbe anche portato avanti al posto suo le comunicazioni con i suoi uomini mentre lui se ne stava rintanato. Nella sua casa, non a caso, sarebbero stati rinvenuti decine e decine di pizzini, bigliettini con cui la donna comunicava con il boss, sotto lo pseudonimo di “Fragolone”. In uno di questi, in particolare, rinvenuto dalle forze dell’ordine mentre piazzavano una microspia nella casa di Messina Denaro, nascosto dentro l’intercapedine di una sedia, avevano trovato degli appunti sulle varie operazioni eseguite dal boss. Elementi che avevano permesso loro di mettersi sulle tracce della sua falsa identità, passando al vaglio le prenotazioni del Servizio Sanitario Nazionale.
Per questi motivi, il giudice aveva disposto nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Una scelta non condivisa dai legali della donna, secondo cui l’arresto avrebbe fatto seguito a una serie di presunti “errori procedurali”. Per i difensori, gli atti d’inchiesta a suo carico erano inutilizzabili, in quanto svolti dagli inquirenti fuori termine. Secondo loro, inoltre, il nome “Fragolone” presente nei pizzini, secondo i pm riferito a Rosalia Messina Denaro, non indicherebbe la donna, così come gli appunti di contabilità sulle spese coperte da quest’ultima si riferirebbero non tanto alle esigenze del clan, quanto più a quelle della sua famiglia. Insomma, stando alle loro dichiarazioni, Messina Denaro avrebbe potuto essere scarcerata, anche perché sarebbe mancato, da parte sua, un sussistente pericolo di fuga, come dimostrerebbe il fatto che non si sia spostata da Campobello di Mazara dopo l’arresto del fratello a Palermo. Una tesi, quella della difesa, ora rigettata dai giudici del Tribunale del Riesame, che ne hanno respinto la scarcerazione sulla base dell’argomentazione del pm, secondo il quale la donna sarebbe stata iscritta nel registro degli indagati e poi arrestata solo dopo aver decifrato il materiale trovato nella sua abitazione ed aver acquisito elementi utili ad imputarla per associazione mafiosa.
Il pizzino inviato dal boss alla sorella lo scorso maggio
In uno dei numerosi pizzini rinvenuti a casa della donna, Matteo Messina Denaro avrebbe confessato alla sorella di non voler morire di tumore. ““Non morirò di tumore, appena non ce la faccio più mi ucciderò a casa e mi troverai tu. Ti dirò quando arriverà il momento”, avrebbe scritto. A riportarlo è stata, ieri, l’edizione palermitana di Repubblica. Sembra che il padrino avesse in mente un piano ben preciso, prima di essere arrestato: se le sofferenze legate alle sue condizioni di salute fossero diventate insostenibili, si sarebbe ucciso. Un piano andato in frantumi con la cattura, arrivata inaspettatamente dopo una latitanza durata trent’anni. Il boss è ora detenuto nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, dove è sottoposto al regime di 41 bis. Per la sua malattia viene curato all’interno della struttura carceraria.