Quante volte ti è capitato di sentir dire che quelli del calciatore, del cestista, del pallavolista siano soldi regalati, che non facciano nulla e che il loro non sia un vero lavoro? E, al contrario, quanto raramente ti è capitato di sentir parlare di tutti i sacrifici, gli sforzi fisici e le pressioni psicologiche ai quali i giocatori sono sottoposti ogni giorno? Stereotipi che si sono creati attorno alla vita dello sportivo professionista e che caratterizzano l’immaginario collettivo della nostra società.
Un giocatore professionista lavora soltanto 2-3 ore al giorno?
FALSO! In realtà, il lavoro di un professionista sportivo non si limita al semplice allenamento o partita. Per un atleta il suo corpo è vero e proprio strumento di lavoro.
Il fisico però viene sottoposto continuamente a stress, quindi è indispensabile mantenerlo nella miglior forma possibile e in grado di rendere al massimo. Le “ore di lavoro”, di conseguenza, si estendono a tutti i momenti e le azioni rivolti alla sua cura, come dieta e supplementi, terapie, riposo, regimi di allenamento preventivo e allenamenti extra.
Un giocatore professionista gira il mondo gratuitamente?
Certamente, dietro questa domanda si cela una parte di verità. Ma questo non significa che viaggiare per il mondo sia, sempre e comunque, un fattore positivo. Abitare sempre in un posto diverso e ogni anno provare quella sensazione di ansia e stress psicologico dati dal non sapere dove andrai a finire l’anno successivo, quando dovrai trasferirti, preparare l’ennesimo trasloco, cercare di creare nuovi legami pur sapendo che pochi mesi dopo potresti essere dall’altra parte del mondo.
Infatti non dimentichiamoci che ci si potrebbe trovare anche in un Paese che non hai mai visto, in cui nessuno parla la tua lingua, con un gruppo di altri giocatori che molto probabilmente non conosci.
Un giocatore professionista ha molto tempo libero, non dovendo giocare ogni giorno?
Anche questo non è vero. Un giocatore ha a disposizione un solo giorno libero a settimana (zero se la squadra gioca in competizioni internazionali). Inoltre, se mai diventerai un atleta professionista, scordati delle uscite notturne, dei locali, degli aperitivi e anche delle feste in famiglia.
Quasi sempre sono infatti soltanto due i giorni di riposo per Natale, non abbastanza per tornare a casa dalla propria famiglia, per non parlare di eventuali partite alla vigilia di Capodanno o il primo Gennaio, allenamenti a Pasqua e pasquetta…
Un giocatore professionista può lavorare anche solo per pochi anni e sistemarsi per una vita?
Potremmo definire questa domanda il più grande stereotipo di tutti. Le statistiche però affermano che la stragrande maggioranza di atleti ricchi va incontro alla bancarotta entro 5 anni dal proprio ritiro.
Molte sono le cause: brutta gestione finanziaria, problemi di tasse, nessuna educazione o esperienza lavorativa. Gli atleti si dedicano al proprio corpo per 35-40 anni, ma al costo di non avere nessun’altra esperienza. Davanti a loro si prospettano altri 40 anni di vita, ma la maggior parte delle volte non si sa cosa fare. Durante la propria carriera, bisognerebbe cercare di risparmiare e investire i propri guadagni per creare un cuscino di salvataggio a carriera finita. Molto spesso questo non accade, e gli atleti non sanno cosa fare della propria vita una volta ritiratisi.
Il partner di un giocatore professionista ha una vita più facile?
Concludiamo questo breve elenco parlando dei legami affettivi dei giocatori. I media adorano fare report sulle fidanzate degli atleti e il loro alto stile di vita, ma è davvero così semplice?
In realtà, la maggior parte dei partner di un atleta professionista deve fare molti sacrifici. Spesso devono sacrificare la propria carriera e il tempo con la propria famiglia, per stare con l’atleta. Inoltre, quando un atleta entra in una nuova squadra deve prendere parte a una routine con altri giocatori, organizzata per rendere la collaborazione migliore possibile. I partner potrebbero soffrire di stress e ansia, costretti a passare il tempo da soli nelle fasi iniziali di arrivo in un nuovo Paese.
Ludovica Graberi