Il mese scorso, il ciclone Gabrielle si è abbattuto sull’Isola del Nord della Nuova Zelanda, uccidendo 11 persone e sfollando almeno altre 10.000 persone. Ha innescato un dibattito nazionale sul cambiamento climatico e se le case vulnerabili debbano essere ricostruite o cancellate.

Nuova Zelanda ciclone Gabrielle: la testimonianza di Amy Bowkett

Amy Bowkett è una delle tante persone colpite dagli effetti disastrosi del ciclone Gabrielle che è stata intervistata dalla BBC. Dice che non vuole tornare lì, dove il ciclone si è abbattuto. La madre di due figli viveva nella zona di Hawkes Bay, una delle regioni più colpite dal ciclone Gabrielle. Quando la tempesta di categoria 3 ha colpito con velocità del vento fino a 159 km/h (99 mph), la sua casa è stata completamente distrutta. Insieme a 50 dei suoi vicini ha trascorso 48 ore terrificanti intrappolata senza elettricità, acqua o segnale telefonico.  Alla fine è riuscita a fare una telefonata e un’amica ha organizzato un salvataggio in elicottero dal cortile di un vicino.    

Lei non è la sola a temere di tornare. Molte delle vittime delle recenti inondazioni della Nuova Zelanda hanno perso tutti i loro averi nel disastro e credono che l’area su cui sono costruite le loro case sia diventata troppo pericolosa per tornare indietro.  

Si prevede che il danno causato dal ciclone costerà 13,5 miliardi di dollari neozelandesi (8,4 miliardi di dollari; 6,9 miliardi di sterline), simile all’impatto finanziario del terremoto di Christchurch nel 2011, il disastro naturale più costoso nella storia della Nuova Zelanda. L’evento del mese scorso ha provocato uno stato di emergenza nazionale che si è concluso solo martedì.

Il ciclone Gabrielle ha colpito anche poche settimane dopo un’inondazione senza precedenti nella più grande città della Nuova Zelanda, Auckland, quando in un solo giorno è caduta la quantità di pioggia di un’intera estate.