Non si arresta il calo demografico della popolazione italiana: i dati Istat sul 2022 certificano un calo delle nascite in Italia e un’ulteriore contrazione complessiva che fa scendere gli abitanti del nostro Paese sotto quota 59 milioni.

Calano anche i residenti, controbilanciati da un aumento della popolazione immigrata. Il saldo negativo è attribuibile inoltre agli effetti della pandemia da covid-19 oltre alle temperature torride registrate nei mesi più caldi.

Si tratta del 14° anno consecutivo di calo demografico.

Nascite in Italia nel 2022 sotto quota 400mila

58,8 milioni: questo il dato aggiornato della popolazione italiana. Il risultato è l’effetto combinato di due coppie di variabili contrapposte: da un lato la natalità e la mortalità, dall’altro le emigrazioni e le immigrazioni. Vediamo i macro dati completi.

L’elemento più preoccupante, e sotto gli occhi di tutti, è il drastico calo delle nascite in Italia: nel 2022 sono venuti alla luce circa 392mila bambini, una diminuzione di circa 8mila neonati rispetto al 2021 (-1,9%) che gli esperti faticano a comprendere ma attribuiscono a un crescente clima di incertezza economica. I decessi complessivi sono invece 713mila, valore sovradimensionato dalle situazioni straordinarie precedentemente descritte. Andando avanti troviamo il numero di persone espatriate dai nostri confini (179mila), ampiamente bilanciato dal numero di ingressi dall’estero: quasi 361mila, in parte effetto della guerra in Ucraina.

L’analisi Istat si concentra proprio sull’ingrandimento del cosiddetto “saldo naturale”, che non è nient’altro che la differenza tra i nati e i deceduti. Il dato triennale legato alla pandemia da covid-19 (dunque dal 2020 al 2022) ha provocato un saldo naturale negativo di quasi un milione di persone (957mila per la precisione): un valore enorme dato dalla polarizzazione dei due fattori (si nasce di meno e, chiaramente, si muore di più). A proposito della mortalità, l’Istat sottolinea il differenziale registrato a luglio, quando il tasso è cresciuto del 58% rispetto al 2021.

L’analisi qualitativa

Scorrendo poi l’analisi dal punto di vista qualitativo ci sono differenze anche sostanziali sui criteri territoriali ma anche nel confronto mese per mese. Ecco qualche esempio:

Secondo la variabile “natalità” inverno ed estate sono le ragioni più feconde, mentre autunno e primavera hanno registrato i decrementi più sensibili con una forbice tra il 5-10% rispetto al 2021. Un andamento curiosamente simile a quello di altri Paesi della fascia mediterranea come Francia e Spagna.

Passando alla mortalità, può sorprendere il fatto che i decessi siano aumentati di circa 12mila unità sul 2021 nonostante il covid sia andato gradualmente diminuendo la sua letalità. Spiccano in particolare i dati luglio e agosto, maglie nere, con un tasso di crescita annuo fino al 16%: la spiegazione è ricondotta ai fenomeni climatici, tant’è che anche nel 2015 si assistette a qualcosa di simile e anche in quell’anno la colonnina di mercurio segnò valori record.

Spostandoci infine ad alcune considerazioni di carattere geografico e demografico, il Nord è quello con gli incrementi maggiori nei decessi ma il Sud ha registrato valori superiori alle aspettative. Le donne, invece, “gravano” sul surplus delle vite spezzate per il 59% con 31mila decessi in più rispetto alle stime di inizio anno: in entrambi i casi, sia femmine che maschi, l’eccesso è compreso nella fascia d’età degli over-80.