Ritenuta d’acconto, ecco chi deve pagarla e come si calcola. La ritenuta d’acconto altro non è che un anticipo sulle tasse che il cliente, cioè chi commissiona un lavoro a un professionista, deve trattenere sul compenso da versare per la prestazione. Ma il calcolo è a carico di chi presti un servizio che dovrà inserirlo nella fattura. Per spiegare come funzioni la ritenuta d’acconto, è necessario considerare che il cliente investe il ruolo di sostituto d’imposta, cioè paga l’Irpef al posto del professionista. Quindi, sul versamento, il cliente trattiene un parte del compenso e lo versa allo Stato come imposta al posto del professionista. È il caso dei giornalisti freelance che non hanno la Cassa previdenziale e che calcolano la quota di rivalsa dell’Inps sul compenso percepito e la ritenuta d’acconto. O, anche, dei professionisti che hanno una Cassa previdenziale per lo stesso caso di rivalsa del 4% soggetta a Iva. Leggiamo, pertanto, come funziona il meccanismo della ritenuta d’acconto e come si calcola.
Ritenuta d’acconto: chi deve pagarla e come si calcola
Nel caso della ritenuta d’acconto, si applica una percentuale pari al 20% per i professionisti residenti nel territorio italiano e del 30% per quelli residenti all’estero. L’importo sul quale deve essere applicata la percentuale varia a seconda del fatto che il professionista – che emette fattura – abbia oppure no la Cassa previdenziale. In questa situazione, il cliente che chiede la prestazione al professionista, trattiene una percentuale sulla retribuzione dovuta e versa l’importo corrispondente allo Stato per conto del professionista. Nel momento in cui il professionista versi le tasse, dovrà procedere con la sottrazione di quanto già versato dal cliente. Tuttavia, al professionista incombe il calcolo della ritenuta e inserirne l’importo nella fattura. Per questa operazione, è necessario il possesso della partita Iva: se, dunque, la prestazione è al di fuori di questo regime, non è necessario inserire la ritenuta d’acconto in fattura. Nel caso del professionista (ad esempio, un freelance) senza la Cassa previdenziale, la ritenuta d’acconto è calcolata sulla somma tra il compenso più la rivalsa Inps, che altro non è che una percentuale sui contributi previdenziali. Il risultato deve essere assoggettato all’Iva. Quindi, se il compenso è di 1.000 euro, la rivalsa Inps è pari al 4%, sul risultato di 1.040 euro deve essere applicata l’Iva del 22%, pari a 228,80 euro, per un totale della fattura di 1.268,80 euro. Per sapere qual è l’importo che effettivamente deve essere versato sul conto corrente, quindi il netto, è necessario calcolare la ritenuta d’acconto e sottrarla all’importo totale. La ritenuta d’acconto è pari a 1.040 (compenso più rivalsa Inps) moltiplicato per il 20%, pari a 208 euro. Il netto dovuto è pari alla differenza tra il totale fattura (1.268,80 euro) e la ritenuta d’acconto (208 euro), quindi 1060,80 euro. È questo l’importo che finisce sul conto corrente del professionista, pagato dal cliente.
Come si ottiene il compenso netto dall’importo della fattura
Qualche differenza c’è nel calcolo della ritenuta d’acconto nel caso di un professionista con Cassa previdenziale. Poniamo il caso di un giornalista iscritto alla Cassa previdenziale Inpgi con rivalsa Inps del 4% (ma questa percentuale varia a seconda della tipologia di Cassa), che abbia un compenso di 1.000 euro più 40 euro di rivalsa. In questo caso, il totale della fattura rimane sempre 1.268,80 euro compresa l’Iva del 22%, ma cambia il netto dovuto per la fattura. Infatti, moltiplicando il compenso per il 20% di ritenuta (pari a 1.200 euro) e sottraendo i 200 euro al totale della fattura (1.268,80 euro – 200 euro), il netto dovuto è pari a 1.068,80 euro. In questo modo è stato possibile chiarire qual è la differenza tra il totale della fattura e il compenso netto.