“Da qualche giorno a questa parte tutta la Palermo bene ha le unghie ammucciate (nascoste)”. Sarebbero queste, stando a quanto riportato oggi da Repubblica, le parole che Matteo Messina Denaro, detenuto nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila, avrebbe pronunciato di fronte alla dottoressa che lo ha visitato una decina di giorni dopo il suo arresto. Il boss avrebbe il sospetto di essere stato tradito, venduto, dalla stessa Palermo che per anni gli avrebbe consentito di vivere indisturbato nonostante la latitanza.

Messina Denaro dal carcere, i sospetti su un possibile tradimento

Sono le parole di un uomo tormentato dai dubbi, quelle che Messina Denaro avrebbe proferito davanti a una delle dottoresse che in queste settimane lo hanno visitato per il suo tumore al colon nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila Le Costarelle, dove il boss è detenuto in regime di 41 bis da quando, lo scorso gennaio, i carabinieri del Ros hanno messo fine alla sua latitanza durata trent’anni. A riportarlo è Repubblica. “Da qualche giorno a questa parte tutta la Palermo bene ha le unghie ammucciate”, avrebbe detto il padrino con un ghigno sulle labbra, forse per lasciare intendere che, dopo la sua carcerazione, buona parte della Palermo che per tanti anni lo ha sostenuto avrebbe ora abbassato il profilo, vista la minore protezione da parte della criminalità organizzata.

Avrebbero paura di lui, quindi, ma ancor di più, probabilmente, delle indagini portate avanti dalla Direzione distrettuale antimafia per capire chi abbia coperto la sua lunga latitanza, indagini che hanno già portato all’arresto di diversi fiancheggiatori, da ultimi i coniugi Emanuele Bonafede e la moglie, Lorena Ninfa Lanceri, la famosa “Diletta” con cui il boss avrebbe scambiato diversi messaggi, entrambi indagati in concorso di favoreggiamento e procurata inosservanza di pena aggravati dal fatto di aver agevolato l’organizzazione mafiosa Cosa Nostra. Stando a Repubblica, Messina Denaro avrebbe avuto questa conversazione con la dottoressa a qualche giorno dal suo arresto, dopo le dichiarazioni rilasciate dal procuratore di Palermo Maurizio De Lucia, che aveva messo in luce i contatti tra il boss e numerosi esponenti dei salotti del capoluogo siciliano, denunciando pubblicamente:

Siamo davanti a un rapporto simbiotico, utile per entrambi i partner. La borghesia ne ha tratto vantaggio in termini di protezione e anche economici. Cosa nostra è riuscita così a entrare nei salotti buoni dove si discute di affari, finanziamenti, appalti, dove si decidono le politiche pubbliche. E vi è entrata dalla porta principale, parlando con i suoi interlocutori da pari a pari. Certamente indagheremo su chi lo ha protetto consentendogli, praticamente indisturbato, di curarsi in una delle strutture mediche più note di Palermo, indagheremo per capire chi gli ha consentito il tenore di vita agiato che ha condotto e lavoreremo per ricostruire l’intera sua latitanza.

Se Messina Denaro ha potuto vivere indisturbato per anni, nel suo territorio, senza essere scoperto dalle autorità, è perché qualcuno l’ha coperto. Stando alle sue dichiarazioni, il boss non si aspettava di essere arrestato e quindi teme di poter essere stato “venduto”, tradito da coloro che lo avevano sostenuto. Sarebbe bastata una soffiata per mettere fine alla sua fuga. E secondo il boss sarebbe partita proprio da Palermo. Qui, secondo quanto emerso finora dalle indagini, il boss avrebbe goduto dell’appoggio di diverse persone: il dottor Giuseppe Guttadauro, tra gli altri, aiuto primario di Chirurgia in servizio presso l’ospedale civico. Attraverso i suoi contatti, Messina Denaro riceveva notizie sulle mosse delle forze dell’ordine e di conseguenza si muoveva, passandola liscia. Ora che lui è in carcere, quel sistema costituito da imprenditori, professionisti e rappresentanti delle istituzioni sarebbe in crisi. Per paura di essere scoperti avrebbero “ritirato le unghie”, evitando di esporsi e standosene rintanati.