Il celebre regista Pupi Avati è intervenuto nella trasmissione “Speciale approfondimento spettacolo” condotta da Vanessa Piccioni in onda su Cusano News 7 per parlare del suo film “Dante”, un inno alla letteratura e all’arte italiana. Un film che in una sua precedente intervista ha detto che era in gestazione da più di vent’anni.

Dante di Pupi Avati

Perché la gestazione di questo film è durata così tanto?

Questa domanda andrebbe posta ai tanti ai quali ho proposto il film che hanno sempre rimandato. Mi sembrava che Dante fosse un personaggio che avesse fatto così tanto da meritare almeno un film. Invece la televisione italiana ha sempre girato le spalle, fino a quando non siamo arrivati un paio di anni fa ai 700 anni dalla morte quindi i dirigenti sono stati costretti ad aderire alla mia proposta.

Questi vent’anni li ho trascorsi nell’attesa di poter dedicare questo tributo, questa dichiarazione d’amore, di riconoscenza, nei riguardi di questo essere così speciale, al quale dobbiamo tanto in termini poetici. La dismisura poetica di Dante Alighieri ha qualcosa di soprannaturale e così la sua onniscienza. Mi sono trovato a scoprire che prima della Divina Commedia c’erano altre opere che la scuola italiana non mi aveva in alcun modo proposto, tra cui la Vita Nova, questo diario straordinario che lui redige all’indomani della morte Beatrice. Dante a 9 anni incontra una bambina di 9 anni e se ne innamora perdutamente. 9 diventa il numero magico di Beatrice. Inizia così questa storia d’amore e Dante da quel momento avverte la necessità di fissare quella temperatura di felicità così assoluta e inizia a tentare ad azzardare dei versi che diventeranno la struttura portante di quel prosimetro, prosimetro in quanto un misto di prosa e poesia, che è la Vita Nova. Inizierà a stendere questo diario per la storia d’amore di questa Beatrice.

È una storia con una conclusione dolorosa ma fa sì che Dante si riprometta di studiare e di dedicare le sue ricerche al punto tale di poter scrivere di una donna quello che non fu mai scritto di una donna. E ne esce la Divina Commedia. Quindi questo percorso che lui fa ho cercato di raccontarlo attraverso il poeta che più ha fatto, perché Dante ottenesse un riconoscimento universale, e questo poeta si chiamava Giovanni Boccaccio. E quindi raccontando il viaggio che Boccaccio, 26 anni dopo la morte di Dante, fece a Ravenna per andare a conoscere la figlia, io racconto la vita di Dante Alighieri. Mi è sembrato un escamotage narrativo e cinematografico di una grande efficacia. Ho potuto attraverso l’amore di Boccaccio, che aveva diffuso l’opera di Dante, raccontando quest’amore di Boccaccio per Dante, ho potuto raccontare il mio amore per Dante.

Si parla tanto di film testamento come film che possono segnare chi li ha creati e identificare chi li ha creati, lei crede che Dante possa essere il suo?

Io mi auguro di no. Questo vorrebbe dire che il mio rapporto con il cinema si risolve con questo film. Nei miei sogni più segreti desidererei che quel film che lei definisce testamento, desidererei di non farlo mai. Averlo sempre nel mio futuro ma senza mai raggiungerlo. L’insoddisfazione è la molla, il carburante per mantenersi sempre in attività. Per quanto il mio fisico sia recalcitrante, il mio io non è così invecchiato. Picasso diceva che ci vogliono moltissimi anni per diventare giovani. Io invecchiando sto tornando ad essere quel ragazzo che ero mille anni fa e nel mio cinema emerge la voglia di avvicinarsi sempre di più all’impossibile, a quel mondo fantastico che ha contraddistinto la mia adolescenza.

Siamo vicini ad una riscoperta del mondo dantesco, lei crede che il suo film possa aver incoraggiato i giovani ad appassionarsi a Dante?

Questa domanda mi permette di affrontare quello che deve essere il rapporto tra il cinema e la scuola. Si sono organizzate, grazie a questo film e al Ministero dell’istruzione, in tutto il Paese un’infinità di proiezioni. Più di 500mila ragazzi hanno visto il mio film e molti di loro hanno letto anche il libro. Alcuni di loro si saranno incuriositi e saranno arrivati a decidere di leggere questi testi fondamentali, indipendentemente dalla nozione scolastica. Il grande valore di Dante è soprattutto nella sua capacità poetica. Nel recitare maldestramente “Guido vorrei che tu, Lapo ed io fossimo presi per incantamento” credo di recitare la più bella poesia sull’amicizia che sia stata scritta. La poesia ha una misteriosa, quando è tale, attualità che nessun altro strumento della comunicazione riesce ad avere, se non la musica quando è così alta. La poesia supera il tempo e supera le mode, in questo Dante è il più sublime dei poeti.

Cosa c’è di vero e di inventato nel film “Gli amici del bar Margherita”’?

Lo spirito è vero a cento per cento. Gli episodi sono una summa di eventi che appartengono a personaggi diversi, distribuiti negli anni. Molto di quello che ho raccontato mi è stato a mia vola raccontato, ma mi sembravano così tipici nella provincia italiana per cui meritassero di essere riproposti. È un film che mi è molto caro, è come un atto di commiato di un mondo che ho guardato sempre dal di fuori sentendo sempre la mia inadeguatezza a essere uno di quegli eroi del biliardo, de poker, degli aperitivi, di questi eccessi goliardici che hanno contraddistinto quell’Italia là, quella provincia che non c’è più da nessuna parte.

Riguardo agli ultimi Oscar, Avati ha risposto che non si sente nella condizione di commentarli perché i vincenti non li ha visti. Ma ha aggiunto che “il cinema meriterebbe di tornare ad avere l’attenzione da parte dei poteri di chi ci guida, che merita e distinguendolo nettamente dalla televisione. Non sono la stessa cosa. Un film e una serie televisiva sono proposte diverse. Il cinema dovrebbe tornare ad essere riproposto nel suo contesto naturale, che è la sala cinematografica. Io so che quando vedo un film al cinema provo un’attenzione, un rispetto, una riconoscenza e un coinvolgimento che non riesco mai a provare quando vedo qualcosa, anche di straordinario, in televisione”

Infine Pupi Avati ha svelato di aver terminato le riprese di un film moderno, una storia d’amore di oggi, tra due persone anziane: due persone che si ritrovano dopo una separazione di 37 anni.