Conosciuta con il nome in codice “dlgs 40/2004”, la legge sulla fecondazione assistita (termine informale di “procreazione medicalmente assistita”) si appresta a tornare in esame alla Corte Costituzionale italiana per la discussione di un punto fondamentale.
La questione riguarda la norma secondo la quale la donna, separata o divorziata, che aveva intrapreso un percorso di PMA con l’allora compagno/marito, può continuare a godere del diritto di utilizzare eventuali embrioni “extra” per intraprendere un nuovo percorso di PMA dopo la separazione, senza o addirittura con parere contrario dell’ex compagno. Il Tribunale di Roma ha accolto il ricorso di un querelante che getta dunque ombra su una legge che ha da poco compiuto la maggiore età.
In breve, la Consulta dovrà stabilire la legittimità costituzionale di questa norma, consentendo (o meno) la piena revocabilità del consenso informato prestato in PMA da parte del partner maschile, così come avviene oggi per qualunque altro consenso sanitario informato.
Fecondazione assistita, Ue insiste per certificato genitoriale
Sulla questione si è espressa la Siams, Società italiana di Andrologia e Medicina della sessualità, uno degli organi nazionali più competenti in materia di salute sessuale e psicologica della coppia in quanto individui. A suo giudizio, la revoca del consenso informato al partner in caso di fecondazione assistita per una maternità “in solitaria” viene ritenuta “estremamente preoccupante”.
Dal punto di vista europeo qualcosa si muove in direzione di una riforma. Nel dicembre 2022 la Commissione europea ha depositato una proposta di Regolamento che attribuisce un significato più ampio al termine “genitorialità”. L’obiettivo è quello di riconoscere tramite un certificato ad hoc lo status tra vari Paesi europei indipendentemente dal tipo di unione affettiva di genitori (gay o etero) e dal tipo di concepimento del figlio. Il testo è all’esame dei singoli Parlamenti nazionali, chiamati a dare una risposta entro il prossimo 23 marzo.