Giuseppe ‘Peppino’ Impastato è stato un giornalista e attivista siciliano, noto per il suo impegno contro la mafia. La causa della sua morte- fu fatto saltare in aria con del tritolo- è da ricollegare anche alla sua attività di denuncia contro i boss e le attività di Cosa Nostra. Venne ucciso il 9 maggio 1978, ma all’inizio il suo omicidio passò quasi inosservato: quello stesso giorno infatti venne ritrovato il corpo senza senza vita di Aldo Moro.
Peppino Impastato: causa morte, vita privata e fratello
Peppino Impastato: qual è stata la causa della sua morte? Cosa Nostra ne ordinò l’assassinio, ma decise di inscenare un suicidio. Peppino venne infatti sequestrato, pestato a morte e immobilizzato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani, dove venne fatto saltare in aria con una carica di tritolo. Aveva fatto una scelta molto coraggiosa, pagata con la vita. Infatti lui stesso proveniva da una famiglia mafiosa: il padre Luigi era il cognato del capomafia Cesare Manzella, ucciso in un agguato nel 1963, nonché amico del boss Gaetano Badalamenti. Fu proprio l’esecuzione dello zio a spingerlo a rifiutare ogni coinvolgimento con gli affari di Cosa Nostra e a rompere i rapporti con il padre, che lo cacciò di casa ancora giovanissimo.
L’omicidio di Peppino fu identificato all’inizio, sia dalla stampa che dalla magistratura, come un attacco terroristico finito male: il procuratore Martorana infatti parlò di un attentato alla sicurezza dei trasporti in cui era rimasto vittima lo stesso attentatore. Solo grazie all’impegno della madre Felicia Bartolotta e del fratello Giovanni Impastato, che decisero di rompere con il resto della famiglia e andare alla ricerca della verità, vennero riaperte le indagini per raccogliere prove sulla matrice mafiosa di quello che era stata un brutale assassinio. Ad aiutarli in questo loro intento anche i compagni di militanza di Peppino, insieme a Umberto Santino e la moglie Anna Puglisi del Centro siciliano di documentazione di Palermo, che dal 1980 è intitolato proprio al giornalista. Gaetano Badalamenti fu da loro subito indicato come mandante.
Biografia
Giuseppe Impastato, detto ‘Peppino’, nacque a Cinisi, paese alle porte di Palermo, il 5 gennaio 1948. Dopo la rottura con il padre, iniziò la sua attività politica e antimafia. Nel 1965 fondò il giornalino l’Idea Socialista e aderì al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP). Tre anni dopo, militava nei gruppi di Nuova Sinistra. La sua attività non si fermava alla politica: nel 1975 diede vita al gruppo Musica e Cultura, con cui promuoveva eventi e dibattiti.
Nel 1977 fondò Radio Aut, una radio indipendente e autofinanziata, in cui lui stesso conduceva la trasmissione satirica ‘Onda pazza a Mafiopoli’ in cui denunciava i loschi affari di Cosa Nostra e sbeffeggiava boss e politici. A essere preso di mira era soprattutto Gaetano Badalamenti, capo mafia del suo paese Cinisi, successore dello zio Manzella.
L’anno successivo Peppino decise di candidarsi alle elezioni comunali nella lista di Democrazia Proletaria che si sarebbero tenute il 14 maggio, ma venne assassinato con la campagna elettorale ancora in corso, nella notte tra l’8 e 9 maggio 1978. L’anno successivo, il 9 maggio del 1979 il Centro siciliano di documentazione organizzò, insieme a Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia, a cui parteciparono circa 2000 persone arrivate da tutto il Paese.
L’iter giudiziario per condannare i colpevoli della sua morte è stato lungo, tra depistaggi, archiviazioni e processi. Dopo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Palazzolo, che aveva indicato come mandanti del delitto di Peppino Gaetano Badalamenti e il suo vice Vito Palazzolo, nel 1997 venne emesso un ordine di cattura nei confronti di Badalamenti. Le condanne arrivarono solo alcuni anni dopo: la Corte d’Assise condannò nel 2001 Vito Palazzolo a 30 anni di reclusione e nel 2002 Gaetano Badalamenti alla pena dell’ergastolo.
Alla storia e alla lotta di Peppino Impastato sono state dedicate numerose iniziative. La sua storia è stata raccontata nel film I cento passi del regista Marco Tullio Giordana. La pellicola è stata così intitolata dal numero di passi che dividevano la casa della famiglia Impastato da quella di Gaetano Badalamenti a Cinisi.