Pensioni, tre vie d’uscita anticipata con i soli contributi a prescindere dall’età. Si può, ma è necessario avere tanti anni di versamenti nella carriera lavorativa per compensare la sterilizzazione del requisito anagrafico. Le maggiori misure di pensionamento vigenti, infatti, prevedono sia un’età minima che un numero più o meno elevato di contributi versati. La pensione di vecchiaia, ad esempio, si raggiunge a 67 anni di età unitamente ad almeno 20 di contributi. Se si abbassa un requisito, si aggrava l’altro: ad esempio, con la quota 103 è possibile uscire già dai 63 anni di età, ma occorre aver raggiunto 41 anni di contributi. L’obiettivo del governo di arrivare alla quota 41 secca, “senza se e senza ma”, ovvero a prescindere dall’età e senza ulteriori vincoli, è un traguardo difficile da raggiungere e, probabilmente, ci si arriverà solo nella seconda parte dell’attuale legislatura. Eppure con meno di due anni in più di contributi (10 mesi per le donne), si può arrivare alla pensione anticipata dei soli contributi.

Pensioni, tre vie d’uscita anticipata con i soli contributi a prescindere dall’età: si parte dai 41 anni e 10 mesi

Proprio la pensione anticipata rientrante nella riforma Fornero è il primo dei canali di uscita flessibile che consente di non tener conto dell’età in cui si lasci il lavoro. Per gli uomini si raggiunge con 42 anni e 10 mesi di contributi (22 mesi in più della quota 41), per le donne con 41 anni e 10 mesi. Queste regole rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2026, come previsto dal decreto numero 4 del 2019 che istituì l’ex quota 100. Nella legislazione italiana è presente una quota 41 da qualche anno, non legata all’età minima di uscita: tuttavia, è necessario che chi richiede questa formula di uscita debba dimostrare di aver lavorato e versato almeno 12 mesi di contributi fino all’età di 18 anni (compresa). I lavoratori precoci, inoltre, devono rientrare in uno dei quattro requisiti che la quota 41 eredita dall’Ape sociale: essere disoccupati a seguito di licenziamento, anche collettivo, o per giusta causa o per risoluzione consensuale (con fine di ricezione del trattamento di disoccupazione da almeno tre mesi); avere un’invalidità accertata di almeno il 74%; prendersi cura del coniuge o di un parente di primo grado che versi in una situazione di handicap grave e che sia convivente da almeno sei mesi; rientrare in una delle attività particolarmente pesanti e faticose.

Oltre alla pensione anticipata dei soli contributi, per uscire da lavoro prima con i soli versamenti vi sono altre due possibilità: l’assegno ordinario d’invalidità e la pensione di inabilità. Con il primo si dà accesso alla pensione ai dipendenti e ai lavoratori autonomi che abbiano un’infermità fisica oppure mentale che ne riduca la capacità lavorativa di oltre i due terzi. Con la pensione di inabilità al lavoro, invece, l’infermità fisica o mentale deve determinare un’inabilità complessiva al lavoro. Per tutte e due queste formule di pensione è occorrente avere almeno cinque anni di versamenti contributivi dei quali tre devono corrispondere agli ultimi cinque anni precedenti la data dell’istanza di pensionamento. Fuori da questa speciale , si ricorda che per i lavoratori che ricadano interamente nel sistema contributivo (lavoratori dopo il 31 dicembre 1995), è stata prevista la pensione anticipata contributiva, maturabile con 20 anni di contributi e un’età più bassa della pensione di vecchiaia, ovvero a 64 anni. Tuttavia, uno dei limiti essenziali di questo canale è rappresentato dal fatto che il futuro assegno di pensione deve corrispondere, come importo, ad almeno tre volte il trattamento minimo.