Sospensione bulli a scuola sì o no? Il parere della psicoterapeuta Maria Pina Pesce, autrice del libro Bullismo e cyberbullismo. Analisi della casistica e metodi di prevenzione, intervenuta ad Open Day, su Radio Cusano Campus. “Sospendere vuol dire ghettizzare lo studente, potenziare oltremodo quell’aggressività esistente. La scuola dev’essere inclusiva, dev’essere un luogo di osservazione dei comportamenti, diversamente l’aggressività di determinati studenti aumenterà col tempo. Gli insegnanti sono dei pubblici ufficiali, sono tenuti ad informare di comportamenti disfunzionali che apparentemente possono sembrano scaramucce, ma non è così e vanno denunciati – ha spiegato la dottoressa Pesce – bisogna agire sulla prevenzione in modo da portare i bambini a poter stare uno di fronte all’altro, capire cosa producono le loro azioni nell’altro. Sospendendoli, invece, è come se si perdesse parte delle informazioni essenziali alla base di alcuni problemi“.
Sospensione bulli a scuola sì o no? Il parere della psicoterapeuta: la cura è l’aiuto, a chi spetta il compito?
Sospensione bulli a scuola sì o no? Il parere della psicoterapeuta è concorde col punto di vista del ministro, la cura è l’inclusione e l’aiuto: a chi spetta il compito? “Attraverso un’osservazione sistematica si osserva cosa induce il bullo a perpetrare un certo tipo di comportamenti nei confronti della vittima. Questo tipo di ragazzini spesso derivano da famiglie orientate verso comportamenti aggressivi e autoritari. Il bullo si identifica con questo comportamento e lo mette in atto con persone considerate deboli, non vincenti da un punto di vista sociale. Da un punto di vista della terapia clinica osserviamo il comportamento e insegniamo loro risorse nuove, abilità di vita, ossia le life skills – ha aggiunto Maria Pina Pesce – il bullo è un insicuro, l’aggressività è solo una caratteristica di facciata. Spesso chi perpetra atti di bullismo o violenza nei confronti di una terza persona non si rende conto di quello che fa, è come se rispondesse ad un impulso che lo porta ad essere aggressivo. Quando si crea una dinamica di bullismo l’autore delle violenze resta sorpreso delle azioni che mette in atto nei confronti di un terzo, questo crea una sorta di cortocircuito tra quello che vuole mostrare e quello che è realmente. Il bullo è un bambino che ha indossato vestiti emotivi non propri, bisogna agganciarsi al bambino insicuro e renderlo consapevole di quello che le sue azioni creano in sé stesso e negli altri“.
Scuola e famiglia
Quando si parla di giovani si parla dell’importanza del ruolo della scuola e di ciò che il sistema può fare per arginare fenomeni simili, ma si deve anche riflettere sul ruolo della famiglia “che sa benissimo come il bambino si comporta a casa. Certi comportamenti vanno mitigati in famiglia è lì che si creano situazioni deficitarie, ma non sempre. Il bullo non deriva sempre da una società degradata, né da una famiglia difficile, spesso proviene da una famiglia benestante dove il comportamento è sopra le righe, e denigratorio verso i più deboli, ma non sempre patologico – si è congedata l’esperta – laddove non sembra esserci una soluzione è giusto chiedere il supporto di un tecnico, di uno psicologo, di uno psicoterapeuta. In clinica lavoriamo sulla catena dei traumi che ha portato il bullo a mettere in atto comportamenti aggressivi, definibili alle volte tranquillamente reati“.