Arriva direttamente dal carcere di Parma, dove è detenuto dallo scorso settembre, il reclamo dell’ex militante dei Proletari armati comunisti Cesare Battisti. L’uomo, oggi 67enne, ha accusato gli agenti del penitenziario di averlo aggredito fisicamente e verbalmente, mettendo in atto contro di lui un’accanita persecuzione, sfociata nel danneggiamento di alcuni suoi oggetti di uso personale, come il pc, usato per “lavorare”. La sua richiesta è quella che il Tribunale di Sorveglianza di Reggio Emilia si accerti di eventuali ipotesi di reato, facendo in modo che siano rispettati i diritti di cui gode.
Cesare Battisti oggi, la denuncia dal carcere di Parma
Alcuni agenti della polizia penitenziaria in servizio presso il carcere di Parma, dove l’ex militante Pac è detenuto dallo scorso settembre, si sarebbero resi responsabili del “danneggiamento di oggetti personali, tra cui il computer”, “nel disegno di un’accanita persecuzione nei suoi confronti”. È quanto si legge in un reclamo presentato da Cesare Battisti al Tribunale di Sorveglianza di Reggio Emilia. Nella denuncia, in un foglio manoscritto – il cui contenuto è riportato dall’Agi -, l’uomo, oggi 67enne, scrive che il 2 marzo “alle 8 del mattino un assistente capo in servizio con aria spavalda e fare minaccioso supportato da un nugolo di agenti dalle impressionanti prestanze fisiche faceva irruzione nella mia cella con la manifesta volontà di voler provocare reazioni inconsulte, aggredendo verbalmente e fisicamente il sottoscritto”.
Battisti sostiene di aver subito un “trattamento selvaggio” da parte degli agenti, che non avrebbero neanche rispettato la sua privacy al momento di andare in bagno. In serata, poi, “il colpo al cuore”, quando si sarebbe accorto dei danni provocati al suo pc, che considera uno “strumento di lavoro come scrittore ed editor di ‘Artisti dentro'”, ma anche “l’unico mezzo per mantenere un equilibrio psichico in circostanza tanto avverse”. La richiesta, da parte sua, è che la Sorveglianza accerti la sussistenza di eventuali ipotesi di reato e, in tal caso, intervenga “per un ritorno alla legalità, tesa a garantire i diritti inviolabili dell’uomo”. L’ex militante si trova a Parma da quando è stato declassificato a detenuto comune e trasferito dal carcere di Ferrara.
La cattura dell’ex militante dopo una latitanza durata 40 anni
Battisti è stato catturato a Santa Cruz de la Sierra, in Bolivia, lo scorso 2019. Tra battaglie giudiziarie, arresti e fughe, lo Stato italiano lo inseguiva da quasi quarant’anni. Militante dei Pac, una formazione terroristica di estrema sinistra che si è macchiata negli anni Settanta di diversi attentati, l’uomo è stato condannato a due ergastoli e diversi anni di carcere – condanna confermata in Cassazione – per diversi capi d’accusa, tra cui concorso morale in omicidio, evasione, banda armata, rapina e possesso illegale di armi da fuoco. Reati per i quali, una volta estradato in Italia, ha ammesso le proprie responsabilite e dei quali era stato accusato dall’ex Pac Pietro Mutti, diventato collaboratore di giustizia. Dall’arresto, è stato trasferito in diverse strutture carcerarie: dopo una breve parentesi trascorsa nel carcere di Oristano – dove era stato portato una volta atterrato a Fiumicino dalla Bolivia -, per nove mesi è stato detenuto a Rossano, in provincia di Catanzaro. In seguito allo sciopero della fame messo in atto per protestare contro il regime carcerario e, soprattutto, contro la detenzione nel settore dei terroristi islamici, è stato trasferito a Ferrara per motivi di sicurezza; da qui, dopo la declassificazione da detenuto ad alta sicurezza a detenuto comune, lo scorso settembre, è partito alla volta di Parma, dove si trova tuttora e dove, secondo il suo reclamo, sarebbe oggetto di un abuso di potere da parte degli agenti, che lo avrebbero preso di mira.