Elly Schlein e Stefano Bonaccini hanno stretto un patto di ferro, ma i sostenitori delle due liste sembrano meno convinti. Per il momento, slittano le convocazioni dei deputati e dei senatori che devono eleggere, a voto segreto, i capigruppo. Ufficialmente, questo dipenderebbe anche dagli impegni ufficiali della segretaria Dem. Ma, ufficiosamente, si fa capire che lo slittamento dipenderebbe da un accordo ancora non definito nella sua completezza. Secondo alcuni esponenti Dem, infatti, ci sarebbe una parte di ‘Base riformista’, la corrente del Pd che si rifà a Lorenzo Guerini e che sosteneva la lista Bonaccini, che rivendicherebbe un capogruppo per sè. E Vittorio Alfieri sembrerebbe interessato a ricoprire l’incarico a Palazzo Madama al posto di Francesco Boccia che, per quanto espressione di Elly Schlein e in pole per diventare presidente dei senatori Pd, non incontrerebbe il gradimento di questa parte di ‘Base riformista’ e di una parte consistente dei ‘lettiani’.

In realtà, i sostenitori della nuova leader, qualora si verificasse l’ipotesi di un capogruppo ‘bonacciniano’, preferirebbero che questo toccasse alla Camera piuttosto che al Senato, visto che non si vorrebbe mettere in discussione la proposta di Boccia al vertice del gruppo. Anche se a Montecitorio si darebbe ormai per certa l’indicazione di Chiara Braga, mentre continuano a circolare i nomi di Giuseppe Provenzano e di Debora Serracchiani, che alcuni vorrebbero restasse alla guida dei deputati Dem. In standby, di conseguenza, è anche la segreteria che si dovrebbe costituire solo dopo l’elezione dei due capigruppo.

Tutto, infatti, sembra appeso a questo passaggio che sarà il primo vero banco di prova politico per la segretaria. Se Elly Schlein riuscirà a trovare un’intesa che accontenti davvero tutti, il più sarà fatto. E lei potrà stare tranquilla almeno per un po’. Se invece imporrà due nomi non troppo graditi ai parlamentari, che sono in gran parte ‘bonacciniani’, il rischio è che si spacchi tutto di nuovo. Insomma, dovranno lavorare ancora Elly Schlein e Stefano Bonaccini per dare forma a quella gestione unitaria annunciata domenica scorsa all’assemblea Pd. L’asse tra la segretaria e il presidente del partito tiene, ma deve fare i conti con le resistenze all’interno delle rispettive aree e per comporre il nuovo organigramma Pd ci vorrà ancora qualche giorno. Il leader della minoranza deve persuadere tutti i suoi – a cominciare da quelli di Base riformista – ad accettare la logica della gestione unitaria, ma anche la segretaria ha il suo da fare perché molti dei suoi sostenitori, dopo che Bonaccini ha preferito la presidenza al ruolo da vice-segretario, pensano che alla minoranza si debba concedere solo qualche posto in segreteria, ma non un capogruppo e nemmeno il posto da vice.