È il giorno della pronuncia per la prima sezione penale di Cassazione in merito all’omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega avvenuto la sera del 26 luglio 2019: per il caso sono imputati due ragazzi americani, Finnegan Lee Elder e Natale Hjorth Gabriel.
La procuratrice generale della Cassazione, Francesca Loy, ha chiesto la conferma delle condanne adducendo due ragioni prevalenti: il fatto che il comandante campano fosse “disarmato e si fosse qualificato” e il numero di coltellate ricevute (11 nello spazio di 20 secondi). Elementi che rendono incongruente l’ipotesi di legittima difesa.
In appello i due ragazzi sono stati condannati rispettivamente a 24 e 22 anni di reclusione.
Omicidio Cerciello Rega, la difesa punta sull’annullamento della sentenza
Chiaramente, alla richiesta si oppongono gli avvocati della difesa, Renato Borzone e Roberto Capra. La linea difensiva confuta la prova che Cerciello Rega si fosse identificato prima dell’omicidio, insieme al collega Varriale, mostrando i tesserini di riconoscimento. Di conseguenza, i due teenager americani non potevano presupporre di essere davanti a due ufficiali di polizia, tuttavia, secondo il parere dei legali, la sentenza in appello non ha riconosciuto questo elemento ai fini dello sconto di pena.
Ecco dunque che le difese degli imputati intendono chiedere l’annullamento della sentenza di appello “per manifesta carenza logica tra le premesse poste e le omesse conseguenze che se ne ricavano, contraddittorietà logica di singole affermazioni della sentenza per la natura congetturale delle stesse o per uso scorretto dei sillogismi, omessa valutazione delle allegazioni difensive“.
Sul caso è stato tratto anche un libro, “Io non ho ucciso nessuno“, una sorta di autobiografia romanzata da parte di Gabriel Natale Hjorth: lui è infatti ritenuto “complice” di Elder, l’esecutore materiale del delitto. Il giovane ha poi rivolto una lettera alla famiglia e alla vedova del vicebrigadiere, parlando di “ingiustizia” nei suoi confronti. Lo stesso Hjorth, ritratto nella fotografia in cui appare bendato nella Caserma dei Carabinieri di Roma, è suo malgrado artefice della condanna a due mesi eseguita il 24 febbraio scorso dal giudice Alfonso Sabella nei riguardi di Fabio Manganaro, il maresciallo dei Carabinieri ritenuto responsabile di tale condotta illegale.