Vladimir Putin torna a parlare della posizione sovietica rispetto alla guerra in Ucraina. Il presidente ha visitato oggi la Buriazia, regione russa sul lago Bajkal al confine con la Mongolia: il viaggio serviva per osservare lo stato dei lavori delle officine dello stabilimento aeronautico di Ulan-Ude, uno dei più importanti a livello nazionale.
Parlando del conflitto militare in Ucraina, Putin è parso particolarmente espansivo e meno aggressivo rispetto ad altre uscite:
La Russia sta combattendo per il suo popolo che vive in quei territori
Putin “giustifica” la guerra in Ucraina: “Dobbiamo proteggere chi è come noi”
Rispetto all’Occidente, definito “avversario” e “partner” (altro segnale di un cambiamento dei toni), il capo del Cremlino sottolinea come l’obiettivo della Nato non sia cambiato: distruggere la Russia esattamente come avvenuto per lo smembramento dell’Urss nel 1991.
Per noi l’operazione militare speciale in Ucraina non ha una finalità geopolitica, ma un compito di sopravvivenza dello Stato russo, per creare le condizioni per il futuro sviluppo del Paese e dei nostri figli
In breve, la guerra in Ucraina viene rivendicata da Putin in ragione del transnazionalismo russofilo, che abbraccia persone di altre nazionalità ma che abbracciano la cultura sovietica in senso ampio. Il disegno dello Zar è per certi versi inquietante, e riporta indietro le lancette della storia di oltre trent’anni. È lui stesso a collocare cronologicamente qui l’inizio della disfatta atlantica, affermando che le pressioni per destabilizzare la Russia sono sempre andate avanti, in particolar modo “inserendo” gruppi culturali terroristici che hanno creato delle tensioni in alcune aree (vedi Donbass e Caucaso).
Il suo discorso è proseguito poi con un appello rivolto al popolo russo affinché “mostri una società solida, forte e coesa“, determinata e compatta nel raggiungere i propri obiettivi. Un’immagine che non si è mai vista, specialmente all’inizio del conflitto quando fioccavano manifestazioni di protesta lungo l’intero asse nazionale.
Si è dunque giunti alla fine del bipolarismo e a una serie di interventi da parte dell’Occidente che hanno contribuito a riaccendere vecchie ruggini. A proposito del Donbass, il leader del Cremlino si ostina a ribadire che Mosca “ha cercato per otto anni di convincere i suoi partner a risolvere pacificamente i problemi“.
Un modo sintetico per addossare le responsabilità del conflitto all’Europa e al blocco atlantico, reo di aver sempre disatteso le promesse con l’inganno e le bugie. Anche nel dialogo con l’Ucraina, il Paese culturalmente più vicino insieme alla Bielorussia, Putin confessa di aver cercato per decenni di stabilire relazioni amichevoli con il nuovo Stato di Kiev proprio in virtù dei tanti punti di contatto. Trattative andate a vuoto nonostante una vasta presenza di intermediari, fino all’escalation causata dalle persecuzioni verso le repubbliche separatiste filorusse.