Terremoto Napoli e Pozzuoli. Dopo le notizie delle ultime ore in merito al terremoto in Umbria per cui è stata anche valutata l’ipotesi dello Stato di Emergenza, proseguono le scosse e questa volta al Sud, nello specifico a Napoli e Pozzuoli. Una scossa intensa è stata avvertita intorno alle ore 23:40 di lunedì 13 marzo con epicentro ai Campi Flegrei con magnitudo 2.8, mentre la seconda di magnitudo 1.4 alle ore 23:41. Si tratta delle scosse più alte mai rilevate in questa area negli ultimi anni, non a caso la popolazione dei quartieri di Rione Alto, Bagnoli, Pianura, Pozzuoli, Fuorigrotta, Quarto, Vomero e Monterusciello si è spaventata molto.
Ricordiamo che la zona dei Campi Flegrei è interessata da oltre 70 anni dal fenomeno del bradisismo, ossia da significativi movimenti del suolo, tra cui il lento sollevamento caratterizzato da una sequenza di episodi di deformazione insieme ad attività sismica. “Le nostre analisi – ha fatto sapere in merito Flora Giudicepietro, ricercatrice dell’Osservatorio Vesuviano dell’Ingv e coautrice della ricerca – mostrano un aumento della velocità del sollevamento del suolo e un aumento della frequenza di accadimento dei terremoti a partire dal 2005. Il 90-97% del loro incremento è stato registrato dopo il 2011 e il 40-80% dopo il 2018. Il sollevamento del suolo sta tuttora proseguendo e nel mese di ottobre 2022 presso la stazione del Rione Terra di Pozzuoli lo spostamento verticale rispetto ai valori registrati nel 2005 ha raggiunto circa 100 cm, così come riportato nei Bollettini periodicamente emessi dall’Osservatorio Vesuviano”.
[DATI #RIVISTI] #terremoto Md 2.8 ore 23:40 IT del 13-03-2023, Campi Flegrei Prof=3Km #INGV_34352051 https://t.co/id0gRYS39w
— INGVterremoti (@INGVterremoti) March 13, 2023
Terremoto Napoli e Pozzuoli: lo studio sul fenomeno del bradisismo
“Le velocità registrate presentano oscillazioni coerenti fra i segnali di sollevamento e il numero degli eventi sismici – ha aggiunto Andrea Bevilacqua, ricercatore della Sezione di Pisa dell’Ingv e primo autore della ricerca di cui vi abbiamo appena parlato – Abbiamo osservato sette principali picchi di oscillazione a partire dal 2000, uno ogni 2,8-3,5 anni circa, con oscillazioni secondarie circa a metà di questi intervalli. Dai segnali si è individuato anche un ciclo di periodo più lungo, pari a 6,5-9 anni”.
I ricercatori stanno cercando di capire quale possa essere l’accelerazione di questo fenomeno. “Per poter stimare le proprietà dell’accelerazione su scala decennale, abbiamo applicato un modello rappresentativo della dinamica che conduce alla rottura nei materiali elastici fragili sottoposti a uno sforzo costante – ha proseguito Bevilacqua – Questo ci ha permesso di calcolare dei tempi limite teorici per questa accelerazione, potenzialmente rappresentativi di uno stato critico del sistema, nell’ordine di 10 o 20 anni a seconda che si considerino rispettivamente i dati dell’attività sismica o quelli di deformazione del suolo. È importante sottolineare che il modello è valido nell’ipotesi che gli andamenti osservati negli ultimi due decenni proseguano in futuro nello stesso modo”.
“La stima dell’accelerazione decennale registrata dal 2005 – ha concluso Augusto Neri, ricercatore dell’Ingv e coautore della ricerca – è un aspetto particolarmente rilevante emerso dall’analisi. È bene chiarire che i limiti temporali stimati non corrispondono a probabilità assolute dell’accadimento di eventi eruttivi a causa della natura semplificata del modello adottato e, soprattutto, perché l’accelerazione decennale finora osservata nei dati potrebbe modificarsi nel futuro, sia rallentando che accelerando maggiormente. I risultati dello studio rappresentano comunque un ulteriore stimolo a mantenere alta la guardia sull’evoluzione futura della caldera Flegrea”.