La crisi dell’industria ha diversi volti. Stellantis, ma soprattutto ex-GKN, Portovesme. Tre nomi molto lontani ma accomunati da una situazione di tensione. Tensione che, in molti casi porta allo stato di crisi. Una crisi che poi si riversa al Ministero delle Imprese e del Made in Italy, sommerso dai faldoni che coprono il tavolo delle crisi del nostro Paese.

Portovesme: la crisi dell’industria e la promessa di rilancio

Per quanto riguarda Portovesme, nel Sulcis, la protesta degli operai – asserragliatisi su una ciminiera ad oltre 100 metri di altezza, ha portato l’attenzione pubblica sul destino di 1.500 lavoratori dei due poli di Sulcis Iglesiente e del Medio campidano, leader nella produzione di zinco e piombo in Italia. Situazione di incertezza dovuta al ritardo nell’ammodernamento e riavvio dello stabilimento produttivo.

Ex-Gkn: i lavoratori e le proposte per il rilancio

La ex-Gkn invece, che ora si chiama QF, dopo essere passata dal fondo di investimento Melrose che puntava a rilanciare e a rivendere l’azienda di Campi Bisenzio, non ha più visto la sperata ripartenza della produzione, decretando la crisi dell’industria. Sono 400 i lavoratori che da mesi non percepiscono stipendi né però hanno smesso di difendere a spada tratta il loro posto di lavoro, nella speranza di riottenerlo in maniera attiva. Per questo si sono anche reinventati nel tentare di riconvertire lo stabilimento produttivo per creare un futuro: da produttori di semiassi automobilistici sotto Gkn a sito di produzione per mobilità elettrica un domani.

Iveco e Stellantis: fra scioperi e promesse

Infine la Iveco, che vede le lavoratrici scendere in piazza l’8 marzo per chiedere la stabilizzazione di duemila degli ottomila lavoratori nei poli torinesi che producono i camion italiani per eccellenza. Iveco che, fino alla fine dello scorso anno era parte della famiglia Fiat-FCA e che comunque è membro di Exor. In tema Stellantis, il nuovo colosso italo-franco-americano che racchiude Fiat, Ferrari, Maserati, Lancia, Alfa Romeo, Chrysler, Dodge, Jeep, Citroen, Opel, Peugeot e altri marchi secondari, dovrebbe investire molto sul polo industriale di Termoli, in Molise. 1800 posti di lavoro annunciati. Ma su cui ancora si chiedono certezze e sicurezze per un lavoro stabile che, in Italia, appare sempre più un miraggio.