Secondo fonti interne alle Nazioni Unite (Onu) la Russia avrebbe accettato di prorogare l’accordo sul grano in uscita dai porti ucraini del Mar Nero per altri 60 giorni: la scadenza naturale era programmata per il prossimo sabato.
Ancora una volta si è rivelato determinante il ruolo di mediazione della Turchia, già fondamentale lo scorso luglio quando il trattato venne firmato per la prima volta a Istanbul. Successivamente, a novembre era scattata la prima proroga per ulteriori 120 giorni.
Anche il viceministro degli Esteri russo Sergey Vershinin ha confermato che il Cremlino non si opporrà a un’estensione temporale. A lui Putin si è affidato per condurre i negoziati insieme a Rebeca Grynspan, segretario generale della Conferenza delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo, e Martin Griffiths, capo dell’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite.
Accordo sul grano, Mosca chiede garanzie sulla revoca delle sanzioni
Mosca si è precedentemente lamentata del fatto che, sebbene l’accordo garantisca l’esportazione di prodotti agricoli russi (come i fertilizzanti), le sanzioni applicate dall’Occidente su altri settori, come quello bancario, hanno fortemente ostacolato il commercio russo avvantaggiando esclusivamente Kiev. Pertanto, si può considerare una vittoria la proroga bimestrale dell’accordo sul grano concesso dalla Russia.
Sembrava infatti estremamente probabile che il Cremlino volesse rivedere parte degli accordi, in particolare sui Paesi destinatari delle tonnellate di grano. I dati in possesso di Mosca rivelano che siano stati soprattutto gli Stati ricchi a usufruirne, contravvenendo dunque ai principi di sovranità e sicurezza alimentare presenti al momento della firma.
La posta in gioco è alta: l’Ucraina e la Russia sono i principali fornitori globali di grano, orzo, olio di girasole e altri alimenti per i Paesi dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia. La drastica riduzione di questi volumi dopo l’invasione ha fatto salire i prezzi dei prodotti alimentari a livello mondiale e ha alimentato le preoccupazioni di una crisi di fame nei Paesi più poveri. Ricordiamo che il Trattato di Istanbul prevede il controllo dei carichi via mare da parte di funzionari delle Nazioni Unite, della Russia, dell’Ucraina e della Turchia per garantire che vengano trasportati solo prodotti alimentari e non armi.