Matteo Salvini si trova a Strasburgo per partecipare alla sessione plenaria straordinaria richiesta dal ministro dei Trasporti ceco, Martin Kupka, a proposito del pacchetto “Fit for 55” sullo stop alle auto a combustione nel 2035 e sulla normativa anti inquinamento Euro 7.

Alla riunione presso il Parlamento Europeo partecipano 7 Stati: oltre all’Italia ci sono Germania (il partner strategico per Roma), Repubblica Ceca, Polonia, Romania, Ungheria e Slovacchia. L’obiettivo è quello di giungere a una posizione comune e condivisa per richiedere alla Commissione Ue di approntare delle modifiche sugli standard Euro 7, la classe di inquinamento che entrerà in vigore dal 2024.

Allo stato attuale, i motori a combustione dovranno emettere meno di 60 g/km di anidride carbonica per rientrare all’interno dei paletti posti da Bruxelles.

Stop auto a combustione nel 2035, la posizione dell’Italia sul tema

In realtà, per l’Italia la partita si gioca soprattutto su un altro tavolo, quello della direttiva Ue che impone lo stop alla produzione (ma non alla vendita) di veicoli a motore termico (benzina e diesel) entro il 2035. Per le istituzioni europee questo passo rappresenta una tappa fondamentale nell’abbattimento delle emissioni inquinanti globali per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica fissata per il 2050.

La posizione del governo italiano è chiara, e sostiene che questa direzione industriale favorirà i mercati concorrenti quali Cina e Usa: i primi dispongono di quantità abbondanti di materie prime per la produzione delle batterie, i secondi hanno stanziato quasi 400 miliardi di dollari per incoraggiare le imprese americane. In sintesi, l’Ue non è all’altezza di questa sfida.

Nel mezzo si colloca l’industria automobilistica che sta prendendo direzioni abbastanza omogenee ma pretende chiarezza dalle istituzioni: ciascuna azienda, infatti, deve rispettare un tetto massimo di emissioni sull’intera gamma di produzione, la cui soglia è in progressiva diminuzione. I vertici imprenditoriali devono dunque capire se andare all-in sull’elettrificazione (come molti hanno fatto nei rispettivi piani industriali), oppure investire in motori a combustione di nuova generazione particolarmente efficienti.

Domani in Parlamento Ue il voto sulle “case green”: Italia contraria

Nelle ultime dichiarazioni sul tema Giorgia Meloni aveva chiesto all’Europa di lasciare alle singole nazioni la facoltà di scegliere il modo in cui abbattere le emissioni inquinanti. Per Roma, infatti, la strada dell’elettrico non è percorribile come opzione prioritaria.

Il ministro ceco Kupka ha definito il provvedimento Ue sullo standard Euro 7 “una minaccia per l’industria automobilistica europea”, e anche per Praga che con il marchio Skoda rappresenta un asset strategico per l’economia nazionale. Secondo il fronte del “no”, l’automobile europea è destinata a diventare un bene di lusso, con i clienti che saranno così orientati a modelli di importazione.

L’ago della bilancia è certamente la Germania, che ha fatto saltare il banco durante l’ultima riunione astenendosi dal voto: Berlino ha infatti aperto lo scenario dei carburanti sintetici (i cosiddetti “e-fuels”). Sul dossier delle auto elettriche l’Austria allarga il fronte dei contrari per bocca del cancelliere Karl Nehammer: anche qui il ramo automobilistico costituisce una risorsa troppo importante.

Ma l’elettrificazione non riguarda solamente le auto, bensì anche il comparto edilizio. La direttiva sulle “case green” è attesa domani in Parlamento Europeo per un primo voto esplorativo. Un nuovo banco di prova che vedrà con tutta probabilità l’approvazione della maggioranza dell’Aula, ma davanti al quale il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha già espresso la linea della contrarietà italiana.