“Alberto resti in carcere o ucciderà ancora”. Sarebbero queste, stando a quanto riportato dal Secolo XIX, le parole che la nonna di Alice Scagni avrebbe rivolto ai magistrati riferendosi al nipote, il 42enne in carcere per aver ucciso a coltellate la sorella lo scorso primo maggio. Secondo le fonti, la donna avrebbe chiesto e ottenuto di essere interrogata in relazione al fascicolo d’indagine per omicidio che riguarda l’uomo e avrebbe rimarcato la sua pericolosità, come già avevano fatto i genitori e alcuni residenti dello stabile nel quale viveva.
Omicidio Alice Scagni: le parole della nonna ai magistrati
L’anziana, di nome Lodovica Albera, sarebbe stata ascoltata dai magistrati lo scorso primo febbraio; ora, in una missiva, avrebbe di nuovo esposto le sue preoccupazioni riguardo a una possibile scarcerazione del nipote. “Fate in modo che mio nipote Alberto resti in carcere per tutta la vita. Se mai dovesse uscire, sono sicura che la prima vittima sarebbe il figlio di Alice”, avrebbe scritto, non sottolineando i comprovati problemi psichici di Alberto – giudicato semiinfermo di mente -, né il mancato intervento delle forze dell’ordine dopo l’allarme lanciato dai genitori, l’ultima volta poche ore prima del delitto.
Nella lettera Albera si limiterebbe infatti a rimarcare le responsabilità materiali del nipote, sostenendo anche che sarebbe in grado di uccidere ancora, non una vittima qualunque, ma il figlio di sua sorella. “La prima vittima se uscisse sarebbe il figlio di Alice”, avrebbe ribadito sempre secondo il Secolo XIX. “A lui non ha mai rivolto lo sguardo, anzi, tutte le volte che lo vedeva in casa mia sottolineava come ci fosse prima lui del bimbo”. Alberto, stando alle sua parole, se la sarebbe presa anche con lei. “Al ritorno dalle sue uscite notturne – ha raccontato – era solito attaccarsi al campanello di casa mia per svegliarmi. Sono stata costretto a staccarlo. Quando ha capito cosa avevo fatto, ha iniziato a suonare al citofono”.
“Un incubo assoluto”. Così la donna, 93enne, avrebbe descritto la vita accanto al nipote. E ai magistrati avrebbe chiesto di desequestrare l’appartamento in cui l’imputato viveva da anni, di sua proprietà. “L’immobile è stato sequestrato circa otto mesi fa, cioè dal giorno dell’omicidio. Io ho bisogno di una persona che mi assista e quell’appartamento sarebbe l’ideale come appoggio per un’eventuale badante. Visto che le autorità hanno avuto il tempo per svolgere i rilievi, vorrei riavere le chiavi per poterlo utilizzare”, avrebbe spiegato. I fatti risalgono al primo maggio scorso: è sera quando Alice scende di casa per portare a spasso il cane, incontrando suo fratello Alberto a qualche decina di metri dal portone.
Tra i due inizia una violenta lite, al termine della quale l’uomo colpisce la sorella con oltre 17 coltellate, davanti agli occhi inermi del marito di lei, affacciatosi dal balcone per capire cosa stesse succedendo. Alberto, con diversi problemi psichici e alla continua ricerca di soldi, era già stato segnalato diverse volte alle forze dell’ordine, sia dai residenti del condominio nel quale viveva, sia dai genitori, che lo ritenevano pericoloso. Dalle carte dell’inchiesta, spunterebbe infatti un’accusa per aggressione ai danni di una donna dello stabile. La 60enne aveva raccontata agli inquirenti di essere stata aggredita da Alberto dopo che quest’ultimo aveva rubato i 50 euro che lei aveva lasciato per la figlia in ascensore. “Quando l’ho visto l’ho riconcorso per chiedergli i soldi – aveva raccontato – e lui mi ha colpita con violenza al braccio, poi mi ha spinta per dileguarsi”.
Anche i suoi genitori avevano telefonato al 112, più volte. Ecco perché la coppia si sta ora battendo nell’ambito di un procedimento per omissione che riguarda le forze dell’ordine: se avessero ascoltato i loro appelli, Alice forse oggi sarebbe ancora viva.