Direttiva Case green, sono in tutto 8 milioni gli edifici da ristrutturare e riqualificare ai nuovi standard energetici richiesti dall’Europa: ma quali saranno i bonus e gli incentivi in arrivo? Con lo stop al superbonus e agli altri bonus edilizi per le opzioni di cessione credito e sconto in fattura, come deciso dal governo con il decreto legge numero 11 dello scorso 17 febbraio, l’interrogativo è d’obbligo per un volume complessivo di lavori e interventi sulle classi energetiche cosi imponente. Per quanto il superbonus, e con esso tutti gli altri incentivi minori, abbiano dato una spinta importante alla riqualificazione degli edifici in questi ultimi anni, dai fabbisogni numerici che arrivano da Bruxelles ci sarebbe da arrossire se messi a confronto. Naturalmente la questione ha fatto accendere più di una spia nel governo guidato da Giorgia Meloni che dovrà sbrogliare la matassa, soprattutto degli edifici residenziali: sono 4,55 milioni quelli che si trovano nella classe energetica peggiore, la “G”, che entro il 2030 dovranno arrivare almeno alla “E” ed entro il 2033 alla “D”, mentre quelli nella classe “F” sono 3,17 milioni. I dati arrivano dagli archivi dell’Enea che raccoglie gli attestati delle prestazioni energetiche rilasciati per le compravendite, gli affitti e le riqualificazioni degli immobili.
Case green bonus incentivi per gli interventi di riqualificazione energetica dopo il superbonus e sconto in fattura
Mentre domani la direttiva Case green approderà nel Parlamento europeo per il voto in Plenaria – continuando il suo iter legislativo che prevede, poi, il passaggio al Consiglio dell’Unione europea per un provvedimento definitivo – in Italia ci si interroga su come si potrà garantire attuazione al provvedimento su un volume milionario di edifici da ristrutturare e riqualificare. Secondo le stime, sarebbero 8 milioni gli edifici residenziali da riqualificare che, attualmente, si trovano nelle classi energetiche “G” ed “F”, le peggiori. I numeri del superbonus per la riqualificazione energetica – sebbene abbiano segnato un triennio di grande spinta alle ristrutturazioni – farebbero arrossire se paragonati al fabbisogno di interventi necessari per mettersi in regola con Bruxelles: 385.000 riqualificazioni contate con le asseverazioni arrivate alla fine dello scorso mese di febbraio. Finite le agevolazioni di cessione dei crediti e dell’applicazione dello sconto in fattura per il superbonus e gli altri bonus edilizi minori per incentivare gli interventi nei condomini, nelle villette e nelle unità indipendenti, il rischio è quello di ritornare al vecchio regime, ovvero a quello delle detrazioni fiscali quale beneficio unico per chi fa aumentare l’efficienza energetica della propria casa. Ma in quanti saranno disposti ad anticipare le spese delle ristrutturazioni? E quanti condomini si ritroveranno a rinunciare a interventi necessari su impianti e ascensori per inquilini incapienti? Senza incentivi e bonus modellati sullo sconto in fattura e la cessione dei crediti d’imposta, il rischio di ritrovarsi impantanati in cantieri che non possono andare avanti è quanto meno realistico.
Cessione crediti, a chi il beneficio fiscale per le prossime ristrutturazioni?
L’Associazione nazionale dei costruttori edili (Ance) calcola che, negli anni precedenti al superbonus, si facevano 3.000 interventi complessi di riqualificazione energetica all’anno. Con l’agevolazione fiscale del 110%, unita alla cessione dei crediti e allo sconto in fattura, lo slancio è stato notevole: si è arrivati a 180-200mila considerando anche gli edifici non residenziali. Il ritmo che richiederà Bruxelles per adeguare il patrimonio immobiliare italiano alla direttiva Case green. Assicurare questo target richiederà, per l’Ance, di sedersi a un tavolo e ragionare su soluzioni che non arriveranno al 110% di beneficio fiscale ma che siano “variabili in base al reddito” di chi fa fare lavori di ristrutturazione, cioè di bonus e incentivi che siano modellati sulle fasce di reddito. D’accordo è Confedilizia che propone di trovare soluzioni che permettano di concentrare gli incentivi laddove i redditi dei beneficiari non arrivino a garantire l’inizio dei lavori. Ma questa soluzione contemplerebbe il ritorno alla cessione dei crediti a vantaggio dei condomini e degli incapienti. Misure che andrebbero integrate con le proposte che sono allo studio del governo per risolvere il problema odierno dei crediti bloccati come, ad esempio, la compensazione del credito con le imposte da versare con il modello F24. Per l’Imu, nella maggior parte dei casi. Ma anche aumentare il numero degli anni di compensazione per evitare la perdita delle quote annuali non utilizzate, misura ragionevole che incentiverebbe le famiglie a riqualificare la propria abitazione.