Chi vende, fa affitti brevi, offre servizi e noleggi è tracciato sul web all’Agenzia delle se guadagna oltre 2.000 euro: i redditi in entrata per attività online rientrano nella morsa del Fisco e non si potranno più nascondere i guadagni online dopo l’approvazione del decreto legislativo dello scorso 1° marzo che entrerà in vigore nei prossimi giorni con la pubblicazione nella Gazzetta ufficiale. Il provvedimento segue la direttiva della Commissione europea per tutti gli Stati membri “Dac7” sulla tracciabilità di quanto si guadagni grazie a internet, a prescindere dal canale di vendita o di servizio utilizzato. Interessati alla tracciabilità non saranno solo i privati cittadini, ma anche le società: dovranno essere comunicati al Fisco anche i relativi redditi prodotti per mezzo delle piattaforme informatiche che fanno da intermediarie. Il sistema, infatti, si basa sulle comunicazioni di quanto il privato cittadino o le società guadagnino dalle attività su internet.
Chi vende su Internet, offre affitti brevi e servizi o noleggi auto è tracciato sul web all’Agenzia delle entrate se guadagna oltre 2.000 euro
Nuovi controlli in arrivo sulle persone fisiche e sulle società dall’entrata in vigore, prevista per i prossimi giorni, del decreto legge del 1° marzo 2023, provvedimento che recepisce la direttiva della Commissione europea “Dac7”. Chi vende tramite e-commerce oppure offre affitti brevi o servizi, o ancora fa servizio di noleggio auto su internet è tracciato al superamento del tetto di guadagni di 2.000 euro e i suoi redditi finiscono all’Agenzia delle entrate tramite la comunicazione fatta dalle piattaforme intermediarie, a loro volta obbligate. È il caso, ad esempio, di Airbnb che dovrà comunicare i guadagni di chi fa affitti brevi, o dei tantissimi siti di e-commerce che dovranno girare al Fisco le informazioni sulle entrate di chi vende su internet. Sono queste quattro le attività che finiranno sotto la lente d’ingrandimento dell’Agenzia delle entrate se fatte attraverso qualsiasi software intermediario grazie al quale i privati e le imprese – anche da app – riescono a mettersi in contatto con altri utenti per vendere, affittare o noleggiare. Non sono obbligate alla comunicazione solo i portali che consentono il trattamento del pagamento, comunicazione che comunque avverrà “alla fonte” perché assicurata dai software che hanno fatto da intermediari per concludere l’affare. Ci sono, tuttavia, anche delle operazioni che non vengono tracciate. Nel primo gruppo di operazioni escluse rientrano le vendite tramite le piattaforme per meno di 30 attività e per un importo inferiore ai 2.000 euro. Le vendite occasionali, in altre parole, dovrebbero rimanere fuori dall’obbligo di comunicazione.
Ecco come avviene la comunicazione di chi fa affari su internet
Sugli affitti brevi che dovranno essere comunicati all’Agenzia delle entrate, rimarranno fuori le operazioni facilitate dalle piattaforme intermediarie per oltre 2.000 attività. È il caso degli alberghi o delle strutture ricettive che fanno questo tipo di attività in maniera professionale e i cui guadagni sono dichiarati per differenti canali. Dunque, chi fa affitti brevi servendosi di piattaforme internet e accumuli meno di 2.000 attività – come mera seconda professione, ad esempio, o sfuggendo ai canali tradizionali del Fisco – subirà la comunicazione all’Agenzia delle entrate alla quale sono obbligati i siti che fanno da intermediari. La comunicazione avviene mediante lo scambio di informazioni con il Fisco delle generalità del venditore o di chi offra servizi su internet, sia nel caso si tratti di persona fisica che di società. Nella comunicazione dovrà essere indicato anche l’identificativo del conto finanziario sul quale i clienti versano l’accredito. Si comincerà da subito: i siti intermediari dovranno comunicare entro il 31 gennaio 2024 i primi dati relativi ai guadagni ottenuti su internet nel 2023. Entro la fine di febbraio dell’anno prossimo, l’Agenzia delle entrate avvierà il primo scambio di informazioni. Con questa direttiva, la Commissione europea punta a recuperare circa 30 miliardi di euro di redditi che sfuggono ai controlli grazie ai canali telematici.