Scandalo palestra Re di Roma con le donne spiate negli spogliatoi ha fatto parlare tutta l’Italia anche grazie al servizio de Le Iene, una storia torbida cheTAG24 ha deciso di approfondire, andando a capire meglio cosa è realmente accaduto e come può essere successo che sia stata violata la privacy di tante, troppe persone. Sono state spiate donne, il dubbio che tra loro ci possano essere anche delle minorenni. Un fatto indegno e infamante. A parlare e a raccontare alla nostra redazione questa vicenda è una delle vittime della palestra “Re di Roma Sporting Club“, si tratta di G.D.M. (per una questione di privacy e di tutela metteremo solo le sue iniziali), una delle tante donne che frequentava la palestra, che fa l’avvocato penalista, ed è naturalmente rimasta scioccata e sconvolta per quello che è accaduto. Lei frequentava la palestra, ma nonostante lo choc di essere ripresa a sua insaputa nello spogliatoio, si è messa a disposizione di tante ragazze sia dal punto di vista psicologico che soprattutto legale.
Scandalo Palestra Re di Roma donne spiate la testimonianza nell’ intervista a una delle vittime
G.D.M ci ha messo un po’ a decidere di parlare, lo ha fatto per cercare di far capire veramente cosa sia successo alla Re Di Roma Sporting Club finita su tutti i giornali al centro delle cronache per lo scandalo delle donne spiate e registrate tramite videocamere nascoste in un orologio. Il racconto parte da una sera in cui nella palestra hanno fatto irruzione gli uomini della squadra mobile: “All’incirca alla fine di gennaio e inizio febbraio alle 20:15 mi sono recata in palestra e fuori ho visto due uomini e due ragazzi più giovani, loro mi hanno detto buona sera signorina e ho pensato fossero due poliziotti. Ho aspettato che il receptionist andasse via per entrare e ho visto un po’ di sgomento. Mi hanno riferito che c’erano state diverse persone dentro che avevano ispezionato la palestra e portare via delle cose. Ho dedotto che si fosse trattato di una perquisizione. Da quel momento tante ragazze si sono rivolte a me per cercare di capire cosa fosse accaduto. Molte hanno avuto il numero di una ispettrice per andarsi a identificare in questura”.
La reazione a quanto letto sui giornali non ha fatto altro che urtare ancora di più le tante vittime: “I primi giorni c’era solo sgomento e la notizia si era diffusa con una fuga di notizie con continuo vociferare in palestra. Fonti certe non le ho avute finché qualche ragazza non mi ha detto che era stata convocata in questura”, cosa che ancora non è avvenuta per G.D.M., ma soltanto perché, si suppone, il materiale raccolto sembra sia davvero parecchio, considerato che la palestra era molto frequentata. E lei a Tag24 spiega: “Io non sono stata convocata in questura anche perché allo stato credo sia difficile procedere celermente all’identificazione delle persone nei video. Quella è una palestra molto frequentata, ogni giorno tra iscritti e ingressi singoli credo sia un flusso di persone importante. Se vogliamo ipotizzare che i video fossero fatti costantemente stiamo parlando di tanta gente. Credo che l’attenzione della procura sia verso i minorenni verso cui c’è il reato più grave. Non è facile identificare tutti”
La convinzione che i video ci siano e perché la palestra può restare aperta
“Io credo nella serietà della procura e che se ci sono persone convocate per essere identificare e l’orologio che è stato identificato e portato via”, la spiegazione poi mentre racconta confessa che aveva una strana sensazione, anche per questo preferiva non usufruire delle docce in palestra: “Mi ero resa conto da settembre della continua modifica degli orologi. Non facevo più la doccia ma non per chissà cosa, faccio l’avvocato penalista da 10 anni e so che certe cose succedono”.
G.D.M. spiega anche il motivo per cui la palestra sia ancora clamorosamente aperta: “Io posso fare delle supposizioni, ma da avvocato posso dire che l’articolo 27 della Costituzione, ossia che la responsabilità penale è personale e si basa sul principio di innocenza. Questo implica che nel momento in cui la persona indagata viene allontanata nel dubbio che venga commesso il reato. È chiaro che eliminata dalla palestra la persona indagata viene meno il pericolo. La palestra non è di questa persona probabilmente, quindi motivi di chiudere un’attività commerciale non ci sono al momento. Non mi è parso che possa esserci un coinvolgimento penale dei proprietari. Tengo a sottolineare che ci sono degli spunti di illecito civile, il proprietario della palestra ha l’obbligo di sorveglianza su quello che accade”.
Il mancato rimborso dell’abbonamento e cosa rischiano il proprietario e l’uomo indagato
“Mi hanno detto alcune ragazze che hanno chiesto il rimborso dell’abbonamento e la proprietaria si è categoricamente rifiutata, la valutazione umana e personale è poco consona”, spiega l’avvocato, analizzando anche cosa possono rischiare per queste azioni sia la proprietaria sia l’uomo coinvolto (il marito ndr) in prima persona: “Sotto il profilo legale si potrebbe diffidare la palestra anche nel dubbio. L’indagine è stata fatta e il materiale raccolto. La richiesta del risarcimento dei danni potrebbe essere anche in base al processo penale, spesso ci sono situazioni parallele che convergono. La proprietaria della palestra risarcisce tutte le persone perché c’è l’obbligo di vigilanza ed è stabilito dal codice civile. La donna è la moglie dell’accusato e quindi era nella possibilità di porre l’attenzione nei confronti di questa persona. Dovevano porre comportamenti tali da far evitare queste cose. La responsabilità è oggettiva e si configura non in virtù di un dolo o di una colpa, questo significa che il proprietario di una palestra deve sapere chi entra e esce. Giuridicamente non cambia che sia un coniugato, diciamo che avvalora l’ipotesi che la proprietaria avesse una maggiore possibilità di controllo”
L’offerta di aiutare le donne vittime di questa violenza nella prima fase
La signora G.D.M da vittima ha deciso di aiutare con una consulenza tutte le donne rimaste sconvolte da quanto accaduto nella palestra di Re Di Roma: “Mi sono offerta gratuitamente per una consulenza legale alle donne, l’ho fatto perché sentendo queste ragazze e donne di tutte le età mi ha sconvolto la disinformazione rispetto qualcosa che non si aspettavano e non sanno gestire. Le loro emozioni sono andate dalla rabbia alla tristezza, alcune non riescono più a dormire, ma c’è anche l’incapacità di sapere come muoversi e decidere cosa fare. Quando una persona acquista un connotato mediatico c’è il pericolo che si faccia ciò che non si deve fare ribaltando le cose. Io per questo ho scelto di mettere a disposizione il mio lavoro gratuitamente in questa prima fase. Credo che la violenza di genere si sviluppi solo quando ci si sente soli, questo messaggio non deve passare. Devono capire che c’è un modo saggio costruttivo di fare le cose. Agire sulla rabbia e voglia di giustizia non è costruttivo, bisogna agire nel modo giusto”.
Poi l’invito, sempre di G.D.M. a non considerare la violenza di genere a senso unico e a parlare di eventuali problematiche con uno specialista: “Mi è capitato spesso di difendere donne, ma anche uomini perché può accadere anche che loro siano vittime e non carnefici. Noto che quando ci sono questi eventi dire la stessa cosa “faccio la denuncia ma non serve”. In relazione al sostegno psicologico ho messo a disposizione un professionista esterno allo studio che lavora con persone e coppie occupandomi anche di separazioni. Credo che il sostegno psicologico sia fondamentale quando ci sono degli abusi, dobbiamo capire come lo si vive e come condiziona le vite. Noi siamo addetti a un lavoro giuridico e tecnico, non possiamo dire di andare allo psicologo e non so se gli inquirenti abbiano suggerito loro di farlo. La settimana prossima vorrei fare questo incontro a studio e farò presente che è il caso per chi si sente particolarmente turbata di una chiacchierata con uno specialista. Un processo penale anche da persona offesa per parti civile per cose del genere è pesante. Io consiglio sempre di sentire uno psicologo. La salute mentale è più importante di quella fisica”.
La diffusione dei virgolettati è stata grave, i tempi per arrivare al processo
“Non mi piace affatto che c’è stata la violazione del segreto istruttorio, qualora ci sia effettivamente stato è grave. Sono poi del parere che tutto quello che si dice è filtrato da considerazioni personali”, sottolinea tornando a parlare da avvocato e spiegando però come creda nella bontà del lavoro della procura specie in una tematica così sensibile “Bisogna vedere le virgolette da dove vengono, mi fido della discrezione della squadra mobile per cui è giusto chiedersi da dove e perché arrivano. C’è una sezione specializzata che lavora su queste cose”.
I tempi di indagine previste sono purtroppo lunghi, sarà difficile arrivare nel caso a un processo prima di due anni: “Ci sono dei tempi tecnici previsti dal codice di rito per la conclusione di indagine, sono tendenzialmente di un anno e mezzo. Da quando è stata fatta, per la procura questi sono i tempi, salvo il diritto di chiedere una proroga di 6 mesi. Se i video sono davvero tanti credo sarà necessaria, anche per capire se sono stati diffusi. L’interesse della procura è fare il prima possibile, ma altrettanto fare il meglio possibile. Spero di sbagliarmi e ci sia maggiore celerità. A conclusione delle indagini il PM dovrà decidere se archiviare o mandare a processo”. La vittima, poi, spiega quali sono i reati che potrebbero essere a carico dell’uomo e della proprietaria della palestra “Mettere delle videocamere negli spogliatoi femminili, luogo inibito, è una violazione della privacy come filmarle senza il loro consenso ed è un 615 bis del codice: questo reato si configura se vieni filmato nudo o meno, giuridicamente è un reato d’interferenza a prescindere. Per le persone maggiorenni il reato è questo, se ci sono minorenni si va sui reati di pornografia ed il reato è ben più grave, se le immagini fossero state diffuse bisognerà vedere in che modo e per quale motivo. Bisognerà anche vedere le aggravanti, perché se sono tanti la condotta è continuata in più azioni nel tempo. Se avesse dei precedenti penali ci sarebbe l’aggravante, la procura potrebbe formulare un capo d’impugnazione articolato e si parlerebbe di tanti anni. Se poi i video sono stati fatti in modo personale la pena rientra nei casi della sospensione condizionale, ci può essere la sospensione in attesa di un altro caso”.
I dubbi di molti sulla giustizia, ma la consapevolezza che sia necessario battersi nelle sedi opportune
L’avvocato a titolo personale è piuttosto onesta quando le viene chiesto se c’è il rischio che l’accusato, il marito della titolare, una volta appurata la sua colpo, potrebbe non andare in carcere: “Potrebbe succedere che non vada in galera una persona, per questo bisogna lavorare bene. Molte volte mi è capitato di vincere sulla carta ma poi purtroppo non c’era un riscontro di giustizia emotiva. Io dico sempre che c’è la giustizia dei tribunali e poi quella molto umana della vita. Io non addolcisco la pillola, mi limito a un mi dispiace purtroppo. C’è un limite nel codice di procedura penale che è garantista per l’imputata. Io ora parlando da persona e non avvocato posso dire di non condividerlo. Io tengo sempre a preparare le persone che vengono da me, dico che sono un pessimo avvocato perché non incentivo a fare cause mantenendo un certo realismo. A queste donne ho detto che non è scontata una condanna, potrebbero subentrare tante cose che possano portare a una delusione. L’importante è combattere se si crede in qualcosa. Molte erano spaventate e io dico che chi ha paura muore ogni giorno per cui non se ne deve avere, come disse una persona più importante di me”.
G.D.M. si lascia poi andare a un piccolo e comprensibile sfogo personale “Io difendo la mia toga perché so quel che faccio, si fa quello che si deve fare. Noi siamo dei tecnici e facciamo quello che possiamo fare. Purtroppo ci sono molti escamotage di persone indagate. Sono dieci anni che cammino a Piazzale Clodio e tutte le volte che ho difeso vittime o assistito a processi importanti una tutela l’ho vista. Spesso ho visto anche giustizia, poi emotivamente a volte non può sembrare abbastanza”
“Io frequento quella palestra da dieci anni, per noi era famiglia e casa. Non andavamo solo ad allenarci ma a chiacchierare, molti sono diventati amici e coppie. C’è un enorme amarezza e rammarico, non mi sono meravigliata visto il soggetto. Sono molto amareggiata, questa cosa tocca e non c’è un prezzo per quanto accaduto”, purtroppo anche un risarcimento economico rischia di non aiutare donne e soprattutto ragazza giovani che hanno subito questa violenza: “Quando c’è un omicidio colposo e muore un bambino è incommensurabile per quanto la giustizia possa poi dare una sentenza giusta, ma credo che sia corretto avere la consapevolezza che ci si possa rivalere come si può in tribunale. Penso che nei confronti dei minorenni questo è un danno davvero grave, delle ragazzine riprese senza il loro consenso e nel dubbio che qualcuno le possa aver viste penso possa essere davvero dura per loro e i genitori che sono in delle vesti molto complicate”.