A Palermo, provvedimento di confisca di primo grado a carico di Stefano Polizzi, boss della famiglia mafiosa di Misilmeri. I beni diventati patrimonio di Stato hanno un valore complessivo di circa 2 milioni di euro.
Le attività d’indagine finalizzate all’individuazione delle disponibilità economico-imprenditoriali riconducibili ad appartenenti all’organizzazione mafiosa Cosa Nostra, sono state svolte dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Palermo e avevano già portato nel Novembre del 2013, all’emissione di un provvedimento da parte della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo.
Quest’ultima aveva infatti accolto le richieste della locale Procura della Repubblica per un sequestro di beni per un valore complessivo di circa 2 milioni di euro a carico proprio di Stefano Polizzi.
Con il provvedimento di oggi la confisca di primo grado, emessa dalla stessa autorità giudiziaria nel maggio del 2020 a carico del boss, è stata dichiarata irrevocabile con sentenza della Corte di Cassazione e così ora, l’ingente patrimonio, riconducibile a Cosa Nostra, è entrato definitivamente a far parte del patrimonio dello Stato.
Palermo confisca al boss Stefano Polizzi: in prigione dal 2018
Stefano Polizzi classe ’55, era stato tratto in arresto già nell’Aprile del 2012, nell’ambito dell’operazione denominata “Sisma”, per aver commesso due tentate estorsioni aggravate.
Ritenuto da sempre persona particolarmente vicina ai vertici della famiglia mafiosa di Misilmeri, è stato condannato a 4 anni di reclusione, divenuta irrevocabile nel Marzo del 2017.
Al momento è detenuto nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, perché successivamente all’espiazione della prima pena, è stato nuovamente arrestato nel Novembre del 2018 nell’ambito dell’operazione “Cupola 2.0”, per essere stato il reggente della famiglia mafiosa di Bolognetta, riportando la condanna di primo grado a 17 anni di reclusione.
Il provvedimento di confisca definitiva a carico di Polizzi ha riguardato i seguenti beni:
- 2 imprese individuali site in Bolognetta (PA), operanti nel settore edile;
- quota pari ad ½ di panificio sito in Marineo (PA);
- un immobile di 3 elevazioni fuori terra sito in Bolognetta (PA);
- un immobile sito in Marineo (PA);
- 5 appezzamenti di terreno siti in Bolognetta (PA);
- un’abitazione rurale sita in Bolognetta (PA);
- 8 automezzi;
- 8 rapporti bancari.
Beni sequestrati anche a Tommaso Lo Presti
Nelle scorse ore, un provvedimento simile aveva colpito un altro esponente di Cosa Nostra di Palermo, il noto Tommaso Lo Presti, detto “U Pacchiuni” e membro di spicco della famiglia mafiosa di Porta Nuova che si era visto confiscare mezzo milione di euro. Il patrimonio del boss di Porta Nuova è passato così definitivamente allo Stato.
Tommaso Lo Presti si trova ora nel carcere di Voghera già detenuto dopo l’operazione antimafia “Iago” nel 2014, insieme a numerosi altri esponenti dell’organizzazione mafiosa del mandamento palermitano di Porta Nuova.
Per lui l’accusa di aver rivestito il ruolo di vertice del mandamento mafioso di Palermo, dirigendone le dinamiche tra attività estorsive, traffico di sostanze stupefacenti, gestione illegale di giochi e scommesse.
La condanna in primo grado, confermata dalla Corte d’Appello, per Lo Presti è di 12 anni di reclusione.
I beni confiscati, appunto per un valore complessivo di 500 mila euro, sono: beni aziendali riconducibili all’impresa individuale “D’Alia Fabio” con sede a Palermo con attività di autoriparatore; un magazzino a Palermo, dove si svolge l’attività connessa a questa impresa individuale; una abitazione situata sempre a Palermo, intestata a Loredana Miragliotta.
Lo Presti, inoltre, è indagato anche come mandante dell’omicidio De Giacomo alla Zisa.
Secondo gli inquirenti sarebbe importante il quadro probatorio raccolto nell’ambito delle indagini patrimoniali di Lo Presti, il 47ernne avrebbe infatti, intestato molti dei suoi beni a terze persone con l’obiettivo di nasconderli così scongiurare l’eventualità di un sequestro patrimoniale. Un sistema che però non avrebbe funzionato.