Un manifesto con sei punti e un manuale di consapevolezza per lavare via lo “stigma” dell’alpino molestatore. “Un’equazione che mette in sicurezza solo tutti gli altri uomini”. L’Associazione nazionale Alpini (Ana) dopo le polemiche seguite all’Adunata nazionale dello scorso anno a Rimini per presunti episodi di molestie nei confronti delle donne, ha avviato un confronto interno sul tema della violenza di genere che ha coinvolto tutti i circa 350mila iscritti all’associazione di volontariato.
Un lavoro che, grazie alla consulenza dell’esperta di comunicazione e “alpina di famiglia” Paola Miglio e di alcune attiviste femministe, sfocia nei due documenti presentati questa mattina proprio a Rimini. “Non siamo insensibili a cosa è successo o non è successo” lo scorso maggio, spiega il vicepresidente dell’Ana Lino Rizzi. “Siamo uomini del fare, se qualcosa succede prendiamo in mano la situazione anche se così si toglie tempo alle altre attività”.
Dunque, è stato avviato un lungo percorso di confronto interno in modo di arrivare con serenità all’appuntamento di quest’anno a Udine e a quello del 2024 a Vicenza. Nel corso delle 93 Adunanze “episodi incresciosi ci sono stati”, chiosa Lino Rizzi come riporta l’Agenzia Dire, ma chi partecipa non è per forza un iscritto. Non si tratta, aggiunge il direttore della rivista ‘L’Alpino’ Massimo Cortesi, di affermare che “gli Alpini a Rimini non hanno fatto niente, sappiamo che quando si riuniscono 300mila uomini può esserci qualcuno che si comporta in modo molesto”. Ma, appunto, non è un problema delle Penne nere, è “un problema culturale degli uomini” che la società tende ad accettare.
L’associazione, con questo lavoro, se ne è presa carico, prosegue, ma poteva anche “non fare niente”. Invece il problema va affrontato in maniera netta, a partire dall’affermazione che “non esiste la figura dell’Alpino molestatore. Per quanto riguarda l’Adunata di Rimini, continua, il quadro emerso è stato quello di “orde barbariche scese a caccia di donne da violentare”, tuttavia l’Ana non ha fatto denunce o querele se non verso due-tre persone che hanno deliberatamente parlato male del corpo. Invece “si è esaminato con serenità quanto scritto”, senza negare che ci siano stati problemi.
“Problemi – sottolinea Cortesi – che ci sono tutti i sabato sera, perché c’è un grosso problema culturale, ma non è degli Alpini”. Che si sono invece rivelati un bersaglio facile: se un Carabiniere spara a una donna non si attacca tutto il corpo, argomenta Cortesi, e non si interrompe di certo il campionato per gli scontri tra ultrà. Senza dimenticare che la Prefettura ha affermato che “sulla sicurezza reale non sono stati percepiti episodi di violenza”. L’Ana ha pensato a lavorare e a contribuire alla riflessione per contrastare questi comportamenti, conclude, sottolineando che “il degrado culturale è molto più ampio di quanto si ritenga”.
Ecco dunque i due documenti, entra nel dettaglio la consulente Miglio, che puntano a stimolare un cambiamento culturale, partendo da un interrogativo: “Perché tollerare certi comportamenti considerandoli goliardia?”. Così “abbiamo parlato agli uomini che si sono messi in ascolto” e dalle loro storie e riflessioni è nato il manifesto che afferma che le molestie non sono tollerabili in sei punti.
E il manuale di consapevolezza, che “non è un vademecum di comportamento”, non prevede corsi ma incontri così che le molestie non passino sotto la soglia dell’indifferenza: spiega cosa sono e come intervenire per prevenirle. Concetti poi sviluppati online sul sito controlemolestie.it, un dominio, sottolinea Miglio, che non era ancora stato registrato. “Non è una crociata nè una lotta contro i mulini a vento”.
Di certo “non è più il tempo per apostrofare le donne per strada, servono buon senso e comprensione”. E non si tratta nemmeno di “nascondere la polvere sotto il tappeto, perché il tappeto l’abbiamo proprio tolto. Siamo usciti allo scoperto, per gli Alpini era l’occasione di dimostrare di essere un esempio e il messaggio è arrivato. Il concetto di alpinità non va associato a quello delle molestie”.
C’è già chi apprezza lo sforzo fatto, come l’associazione Crisalide. La vicepresidente Elena Burnazzi giudica appunto “apprezzabile la presa di petto del problema e nella città dove è avvenuto”. Così come avere coinvolto delle donne che sul tema sono “più sensibili”. Occorre però “ammettere che è anche un problema degli Alpini, che sono uomini, e andare avanti con la volontà di recupero”.