Quella che l’Italia e l’Europa stanno vivendo è una siccità senza precedenti che, in mancanza di piogge abbondanti nei mesi primaverili, porterebbe a un’estate inedita e, nelle peggiori delle ipotesi, al razionamento dell’acqua per tutti gli usi. È anche l’effetto del caldo anomalo dovuto al cambiamento climatico. Ne abbiamo parlato con Luca Mercalli, meteorologo, climatologo e divulgatore scientifico.
Emergenza siccità Italia: l’intervista a Luca Mercalli
Ormai da mesi l’Italia, soprattutto nel Nord del Paese, è messa a dura prova dalla siccità. Si era mai assistito prima ad un fenomeno di tale portata? Può essere ricondotto, e se sì in che modo, al cambiamento climatico?
Dai dati di oggi, direi che è probabilmente la siccità più intensa da oltre due secoli. Stiamo parlando del Nord Italia, con i dati di Torino, in particolare; non è mai successo prima di avere un periodo di oltre un anno – perché la siccità è iniziata a dicembre del 2021 e da dicembre 2021 a febbraio 2023 fanno quindici mesi – con così poca pioggia. Direi sicuramente un record senza precedenti. Ora siamo più o meno a metà mese, non abbiamo avuto piogge importanti, nei prossimi giorni secondo le previsioni non ci sono grandi piogge in arrivo, quindi aggiungeremo probabilmente anche il mese di marzo a questa lunga sequenza. Poi bisognerà vedere aprile e maggio. Per avere una speranza che cambi qualcosa sono proprio i mesi primaverili che sul Nord Italia potrebbero dare delle piogge abbondanti. Di solito avviene così. Però non possiamo ancora saperlo. È una speranza. Se le piogge di primavera dovessero saltare per il secondo anno consecutivo, perché già erano mancate nel 2022, allora quest’anno la situazione si farebbe veramente critica, perché due anni di seguito di siccità sul bacino del Po, mancanza di neve in montagna e falde impoverite ci porterebbero a un’estate davvero inedita, di cui le conseguenze non sappiamo quali saranno.
Quanto ai cambiamenti climatici, sicuramente c’è un ruolo. Essendo il caldo più anomalo da 220 anni, certamente c’è un aspetto anche legato al cambiamento climatico recente; non dimentichiamo che questa mancanza di pioggia non è solo dell’Italia, ma è una carenza a scala europea, che tocca ad esempio anche la Francia, dove una parte del Paese sta vivendo una siccità molto simile a quella del nostro Paese. E poi c’è un fatto assolutamente nuovo rispetto alle siccità del passato. Potremmo chiamarla “siccità calda”, mentre quelle del passato, sebbene meno intense come periodo di carenza di pioggia, potrebbero essere chiamate “siccità fredde”, perché avvenivano in anni in cui la temperatura era molto più bassa rispetto ad oggi. Ci sono dei casi di siccità all’inizio dell’Ottocento, ad esempio, però c’erano due gradi in meno. Quando fa più caldo, chiaramente la siccità viene amplificata, perché con il caldo l’acqua evapora prima, l’agricoltura ne richiede molta di più, ecc. Tutti i problemi legati alla siccità con il caldo vengono amplificati e questa è la prima volta che abbiamo una combinazione di siccità con le temperature più elevate mai viste, sempre da 200 anni. Quindi possiamo veramente dire che è la peggiore per effetti, perché mai c’è stata un’annata così calda come il 2022 che, combinata con una siccità mai così lunga, portano alla situazione attuale, un record inedito in cui il cambiamento climatico sicuramente ha un ruolo inequivocabile, almeno sulla parte del caldo. Sono gli effetti del riscaldamento globale.
E quali sono i rischi di questa condizione di siccità prolungata?
I rischi sono quelli che si leggono sulle pagine dei giornali. Se manca l’acqua va in crisi l’agricoltura, va in crisi una parte dell’industria, le centrali elettriche non hanno acqua per produrre energia, le dighe sono vuote. In una situazione estrema, se non dovesse piovere neanche in primavera, il rischio è di non avere neanche l’acqua da bere, che per ora almeno è salva. Però se dovesse mancare anche quella delle sorgenti e degli acquedotti, ci ritroveremmo d’estate con il razionamento dell’acqua per tutti gli usi. Per ora l’agricoltura e la produzione di energia idroelettrica sono i due settori più impattati.
Abbiamo parlato delle previsioni a breve termine. Invece a lungo termine ci sono delle previsioni? Possiamo o dobbiamo aspettarci eventi analoghi? Sarà sempre peggio, visto che parliamo anche di cambiamento climatico?
Certo, sul lungo termine la frequenza di questi episodi potrebbe aumentare, questo è quanto ci dicono tutti gli scenari di cambiamento climatico. Però è impossibile dire quando e come, è una tendenza. Un trend sfavorevole alle attività umane.
Qualche giorno fa a Palazzo Chigi si è tenuto un tavolo tecnico per cercare di fronteggiare la crisi idrica e si è arrivati a delle conclusioni, come l’istituzione di una cabina di regia tra i ministeri interessati. Secondo lei sono misure che possono aiutare ad arginare la situazione o si potrebbe fare di più?
Sono le uniche misure che al momento si possono attuare, cioè quelle a breve termine, nell’ordine di qualche mese, di tipo “normativo”, che consistono nel mettere d’accordo tutti gli utenti dell’acqua e regolarne l’accesso. Ovvio che ci sono delle esigenze diverse: il turismo vuole l’acqua per le spiagge e per i traghetti, gli agricoltori per le risaie. I commissari serviranno per mettere d’accordo diversi settori – ognuno con dei diritti – che hanno esigenza di acqua. Il vero problema è che l’acqua manca. E la vera soluzione richiede vent’anni per essere messa in pratica: fare nuovi bacini, migliorare le reti di distribuzione, tappare le falle degli acquedotti, costruire dei canali.
Cosa possono fare, invece, i cittadini?
Quando siamo nel corso di una crisi idrica, sicuramente bisogna essere attenti a come si usa l’acqua. C’è una scala di priorità degli usi, possiamo dire: l’acqua da bere è la più importante; segue quella per l’igiene personale, per lavarsi, per far funzionare i servizi delle nostre case; poi, via via, ci sono usi sempre meno importanti. La macchina, per dire, può rimanere sporca, si laverà quando piove, non succede niente. Cerchiamo di non sprecarla.