“Democrazia”. Una singola parola, che è però potente come un boato. A ribadirla più volte – a Tag24 – è Shira Brand, albergatrice, moglie e madre di quattro bambini che da settembre si è trasferita da Israele a Firenze con tutte la famiglia per motivi di lavoro. Lei ha la doppia nazionalità e si sente sia israeliana che italiana. Ma anche se la sua vita ormai è in Toscana, non dimentica il suo paese e teme che possa trasformarsi in una “dittatura”. Per questo in Israele centinaia di migliaia di persone, e anche in tutto il mondo (a Roma la manifestazione contro le riforme di Netanyahu si tiene il 10 marzo a piazza Santi Apostoli), scendono in strada per chiedere che il paese non cambi e rimanga una democrazia. Mentre il primo ministro israeliano incontra la premier Giorgia Meloni.
Cosa sta succedendo in Israele?
“Il governo di Benjamin Netanyahu sta portando avanti una rivoluzioni giudiziaria, una rivoluzione dell’essenza dello stato democratico d’Israele. Stanno passando con una velocità estrema, senza tregua, delle leggi che fanno scomparire la democrazia . Questa cosa fa paura. Israele è una democrazia sia per se stesso, sia per il mondo. È punto di riferimento nel Medio Oriente, è alleato dell’occidente, degli Stati Uniti. La democrazia in Israele è una cosa importante per tutti. Il problema principale è togliere potere alla Corte Suprema, cioè non avere più un meccanismo che controlli il governo, che è uno dei pilastri alla base della democrazia: la separazione dei poteri. Serve un controllo su chi fa le legge, il potere non è assoluto. Avere potere non vuol dire fare quello che vuoi, fare le leggi che vuoi. Questo se lo sono dimenticato”.
Cosa cambia con questa nuova riforma?
“Con questa riforma avrà il potere di fare tutto quello che vuole. Leggi contro i laici, leggi che denigrano le donne. Così torniamo indietro. Israele è un paese ultramoderno, è un paese molto avanzato. È il popolo che ha fatto il paese. Il Paese non è di un leader. Ad esempio, in Israele il militare è d’obbligo. Io sono stata 2 anni nell’esercito, mio marito 3. Siamo noi che combattiamo, siamo noi che paghiamo le tasse”.
Com’è diviso il paese, chi sta con Netanyahu e chi contro?
“Il popolo esce fuori in strada, non è una cosa di un partito o una manifestazione di un ramo politico. Queste proteste vengono dalla gente, sono spontanee, senza un leader unico che va contro Netanyahu. È una cosa popolare, che unisce molte persone. Anche tanti che hanno votato Netanyahu sono contrari. Magari sono d’accordo su varie tematiche del primo ministro, ma non sul potere assoluto. È così che sono iniziate le dittature, con leader che sono stati eletti ma che poi hanno cambiato le leggi”.
Netanyahu a Roma, cosa rischia di diventare Israele con le nuove riforme
Cosa rischia di diventare Israele?
“Da paese democratico rischiamo di diventare una dittatura, con un governo che non ha nessun limite. La paura è che Israele diventi un paese teocratico. Un paese contro le donne. La cosa bella è che c’è un movimento in Israele, un movimento di centinaia di migliaia, che sta protestando. Tutti scendono in piazza e bloccano le strade con le bandiera di Israele, cantando l’inno. Siamo tutti patriottici”.
C’è il rischio di una guerra civile e dello smembramento delle forze armate?
“Non lo possiamo nemmeno immaginare, siamo un popolo che ha subito tanto. Non è pensabile che ci sarà una guerra civile, anche se ci sono molte voci di capi militari che sono contrari a Netanyahu. Lui non riuscirà a resistere a questo movimento così popolare. Tutta l’economia è in mano al popolo. Siamo in una situazione delicata, anche ex capi militari o della polizia sono contrari. Ma rischiamo che l’economia andrà in fallimento. Molte aziende importanti non vogliono più investire. È una discesa senza freni. Stanno cambiando le leggi per interessi propri”.
Quindi potrebbe diventare un facile bersaglio dei terroristi?
“Creare questo litigio ci indebolisce, sicuramente. Il problema è interno. Israele ha tante diversità e forse per questo è ancora più grave, non so come sia risolvibile. Il bello è che ci sono tante popolazioni. Israele è un miracolo, 70 anni fa lì era un deserto. Oggi siamo uno dei paesi più avanzati del mondo. Però c’è anche tanta tensione. E creare questo litigio interno, è quello che ci rovina. Pensiamo al problema palestinese, che è un discorso complicato. Questa è la nostra realtà. Serve una corte indipendente, altrimenti non sappiamo che leggi faranno nei confronti dei palestinesi o degli arabi israeliani”.
Cosa chiedete a Netanyahu?
“Democrazia. Vogliamo Israele degli israeliani. Non vogliamo un capo che faccia i suoi interessi”.