Vodafone, in arrivo il taglio di 1.000 posti di lavoro. Si saprà meglio lunedì prossimo, 13 marzo, quando Vodafone Italia presenterà ai sindacati la situazione dell’azienda con il piano di riassetto dei costi. Proprio secondo i sindacati, ciò significa che si procederà al taglio del personale in eccesso. L’incontro atteso nella prossima settimana, si terrà nella sede di Unindustria di Roma. Ma le notizie che arrivano in questo momento sono quelle di un taglio dei posti del lavoro del 20%, il che equivale a circa 1.000 unità. A darne comunicazione è la Federazione informazione, spettacolo e telecomunicazioni (Fistel Cisl) insieme al Sindacato lavoratori della comunicazione (Slc Cgil) che denunciano un modello di crescita con tutta evidenza errato da parte delle grandi imprese di telecomunicazione. In particolare, la responsabilità dei tagli dei posti di lavoro andrebbe cercata nell’esasperata riduzione delle tariffe dei servizi telefonici, dettata dalla concorrenza del settore.
Vodafone, in arrivo il taglio di 1.000 posti di lavoro pari al 20%
In arrivo il taglio di 1.000 posti di lavoro nell’azienda Vodafone. A darne comunicazione i sindacati Fistel Cisl e Slc Cgil che annunciano non buone notizie in vista dell’incontro che si terrà a Roma, presso Unindustria, lunedì prossimo 13 marzo. Secondo quanto riporta Fistel Cisl, infatti, nella prossima settimana Vodafone “presenterà al sindacato la situazione aziendale e un piano di riassetto dei costi che equivale a circa 1.000 eccedenze di personale. Parliamo – si legge ancora – di quasi il 20 per cento della forza lavoro”. Sotto accusa per i tagli annunciati dall’azienda di telecomunicazioni e telefonia è il “modello sbagliato” adottato dal settore delle telecomunicazioni, esasperato dall’abbattimento delle tariffe in nome della competitività. Il che avrebbe impedito realmente alle imprese delle telecomunicazioni di adottare una politica industriale come avvenuto per le altre che operano in Europa dove il settore continua a essere quello trainante per la transizione digitale. “Da diversi anni – si legge nel comunicato stampa della Fistel Cisl – abbiamo impostato in questa azienda un lavoro che, partendo dalla contrattazione di anticipo, ha consentito una gestione non traumatica di una fase difficile partendo soprattutto dal concetto della riqualificazione dei lavoratori dinanzi a una fase di profondo cambiamento tecnologico. Per noi non c’è spazio, in questa azienda come nel resto del settore, per scelte diverse rispetto a quanto fatto sino ad ora. Evidentemente – si legge ancora – però è tempo di aprire anche un ragionamento su tutto il settore, dai gestori a partire da Tim passando dagli appalti di rete ed i customer in outsourcer”.
Situazione Tim focus su occupati ‘consumer’
Oltre a Vodafone, il sindacato Slc Cgil critica lo “spezzatino” di Tim – come ulteriore passo verso il definitivo superamento dell’unicità aziendale – nell’operazione che ha visto l’integrazione di Noovle e Olivetti nell’attuale perimetro “Enterprise”, annunciata nei giorni scorsi. La decisione presa da Tim il 1° marzo 2023 costituisce, secondo Slc Cgil, “il punto di non ritorno per la messa a terra di quello ‘spezzatino’ aziendale che continuiamo a ritenere assolutamente sbagliato”. “Di fatto – si legge nel comunicato stampa di Slc Cgil – Tim crea con una potenziale società dove destinare tutte le attività che hanno un futuro perché più direttamente legate ai processi innovativi. Una realtà che sarà in grado di offrire un servizio ‘end to end’ alle grandi imprese e alla pubblica amministrazione sui grandi progetti legati alla realizzazione del Pnrr. Tutto questo mentre la vicenda della rete unica si avvita ogni giorno che passa sempre più su sé stessa. Siamo sempre più preoccupati sul destino della parte rimanente dell’azienda, a partire dalla cosiddetta ‘consumer’ che a questo punto rischia sempre di più di essere un contenitore con molte migliaia di lavoratori ed un mercato di riferimento fortemente competitivo e poco redditizio”. Il silenzio del governo sulla questione è, per il sindacato, motivo di preoccupazione sulla tenuta occupazionale di Tim e del settore delle telecomunicazioni nel complesso.