Dopo il naufragio del barcone avvenuto al largo delle coste di Steccato Cutro, nel crotonese, in Calabria in cui risultano morte finora 72 persone, si è tornati a parlare della legge Bossi-Fini, che in Italia regola le politiche migratorie e occupazionali per gli stranieri.
La legge 30 Luglio 2002, n. 189, meglio nota come legge Bossi-Fini, è una normativa della Repubblica Italiana che disciplina l’immigrazione, che prende il nome dai primi firmatari Gianfranco Fini e Umberto Bossi che nel governo Berlusconi II ricoprivano rispettivamente le cariche di vicepresidente del Consiglio dei ministri e di ministro per le Riforme istituzionali e la Devoluzione.
La legge venne varata dal Parlamento italiano nel corso della XIV Legislatura, con il compito di modificare il Testo Unico delle disposizioni circa la disciplina dell’immigrazione e le norme sulla condizione dello straniero, ovvero il decreto legislativo 25 Luglio 1998 n. 286, al fine di regolamentare le politiche sull’immigrazione e sostituire la norma precedente, la legge Turco-Napolitano, confluita poi nella legge del 2002.
La legge venne approvata dal Senato della Repubblica il 28 Febbraio 2002 con 153 favorevoli, 96 contrari e 2 astenuti, passando quindi alla Camera dei deputati che l’approvò con modifiche il 4 Giugno. Fu approvata definitivamente dal Senato l’11 Luglio con 146 favorevoli, 89 contrari e 3 astenuti.
La legge fu quindi promulgata il 30 Luglio e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale il 26 Agosto, entrando in vigore il 10 Settembre.
Legge Bossi-Fini: cosa prevede?
La Bossi-Fini si occupa di molti argomenti, che vanno dall’inasprimento delle pene per i trafficanti di esseri umani, alla sanatoria per le colf, per cui è possibile regolarizzarne una per famiglia.
Rimane illimitato, invece, il numero di “badanti”, ovvero assistenti ad anziani, malati e portatori di handicap, ovviamente purchè ne sia dimostrata la necessità. La legge regolamenta anche l’uso delle navi della Marina Militare per contrastare il traffico di migranti irregolari e il rilascio di permessi di soggiorno speciali e relativi al diritto d’asilo.
In particolare, chi chiede il permesso di soggiorno o il suo rinnovo è obbligato a fornire le proprie impronte digitali, inoltre, la durata del permesso di soggiorno è stata ridotta a due anni e legata al contratto di lavoro.
La legge non prevede più inoltre, la figura dello sponsor, il soggetto, privato cittadino o impresa, che prima poteva chiamare direttamente l’immigrato extracomunitario a lavorare in Italia ma dal momento dell’entrata in vigore della legge si deve passare attraverso gli elenchi di richiedenti presso gli uffici diplomatici e consolari.
Che cosa dice?
La legge Bossi-Fini modifica alcuni argomenti che riguardano l’immigrazione e il soggiorno nel nostro Paese come:
Ingresso: In Italia può entrare solo chi è già in possesso di un contratto di lavoro che possa consentirgli il mantenimento economico. La presentazione di una documentazione falsa comporta oltre all’inammissibilità della domanda, anche una serie di responsabilità penali che portano alla reclusione e al pagamento di una multa.
Permesso di soggiorno: I permessi di soggiorno vengono concessi solo agli stranieri che possiedono un contratto di lavoro e hanno durate diverse in base al tipo di contratto. Se, però, nel frattempo, i migranti restano disoccupati hanno l’obbligo di tornare in patria. La legge Turco- Napolitano aveva aumentato da 5 a 6 gli anni necessari di permanenza in Italia per ottenere la carta di soggiorno (che permette di rimanere nel Paese a tempo indeterminato): successivamente e a seguito del recepimento di una direttiva europea, sono stati riportati a 5.
Espulsioni irregolari: Più complessa è la questione che riguarda le espulsioni, come la precedente legge in materia, anche la Bossi-Fini prevede che chiunque non abbia il permesso di soggiorno, ma abbia un documento di identità venga espulsa per via amministrativa, ovvero dal prefetto della provincia in cui viene rintracciato. L’espulsione, in questo caso, avviene immediatamente con “l’accompagnamento alla frontiera” da parte della forza pubblica.
Se, invece, lo straniero senza permesso di soggiorno non ha con sé dei documenti di identità viene portato, per 60 giorni, nei Centri di identificazione ed espulsione (CIE), un tempo chiamati Centri di permanenza temporanea (CPT), nei quali si svolgono le pratiche dell’identificazione. Chi viene espulso e rientra ancora senza permesso commette un reato e viene detenuto in carcere.
Respingimenti: La legge ammette i respingimenti al paese di origine in acque extraterritoriali, in base ad accordi bilaterali fra l’Italia e altri Paesi, che impegnano le polizie a cooperare per prevenire l’immigrazione irregolare.
Ricongiungimenti familiari: Il cittadino extracomunitario in regola con i permessi, può chiedere di essere raggiunto dal coniuge, dal figlio minore o dai figli maggiorenni purché a carico e a condizione che non possano provvedere al proprio sostentamento. I ricongiungimenti sono previsti anche per i genitori degli extracomunitari a condizione che abbiano compiuto i 65 anni e che nessun altro figlio possa provvedere al loro sostentamento.
Falsi matrimoni: La legge prevede che il permesso di soggiorno venga revocato se ottenuto attraverso un matrimonio con un cittadino o una cittadina italiana o con uno straniero regolarizzato a cui non sia seguita un’effettiva convivenza. A questa norma c’è un’eccezione, se dal matrimonio sono comunque nati dei figli.