Aveva rapito e poi ucciso, facendola a pezzi, la 42enne Iole Tassitani, figlia di un notaio di Castelfranco Veneto, in provincia di Treviso, e ora, dopo aver scontato un terzo della condanna, Michele Fusaro ha ottenuto un permesso premio di 10 ore grazie al quale potrà uscire dal carcere. Una notizia che ha lasciato sbalordita la famiglia della vittima e i legali che la sostengono.
Delitto Iole Tassitani: la ricostruzione dei fatti
È il 24 dicembre 2007 quando, dopo giorni di ricerche, i carabinieri trovano un corpo senza vita nel garage di un condominio di sedici appartamenti adiacente alla ferrovia di Bassano del Grappa. Il cadavere, ridotto a pezzi con un seghetto, è nascosto in un sacco nero per i rifiuti, ma di dubbi non ce ne sono: si tratta di Iole Tassitani, la 42enne originaria di Castelfranco Veneto scomparsa dodici giorni prima. Figlia di un notaio della zona, Iole lavorava nello studio del padre, ma da anni viveva da sola, in un quartiere residenziale. Non avrebbe avuto motivi per allontarsi da casa. Eppure era scomparsa, improvvisamente, senza lasciare tracce, portando gli inquirenti a ipotizzare che potesse essersi trattato di un sequestro.
Dalle indagini che seguono il ritrovamento del cadavere si fa strada, in effetti, l’ipotesi di un rapimento. Anche perché, a poche ore dalla scomparsa della 42enne, una sua amica avrebbe ricevuto da lei un sms con scritto: “Sono stata parita”, invece che “rapita”. Due giorni dopo, la richiesta di riscatto: 800mila euro. Un messaggio che precede il tragico epilogo. Quando il cadavere viene rinvenuto, in una zona scandagliata da giorni dagli investigatori, si procede anche con l’arresto di un uomo. Il 41enne, di nome Michele Fusaro, falegname di professione, viene incastrato dal cognato che, secondo quanto ricostruito successivamente, era stato chiamato per essere ingaggiato nel sequestro e invece aveva allertato le forze dell’ordine.
Dopo le prime smentite, l’uomo, messo sotto torchio nel corso di vari interrogatori, confessa. Avrebbe voluto compiere un “sequestro lampo”, dice, e la morte di Iole è stato un errore. Ma i giudici non sono dello stesso avviso. Secondo le ricostruzioni, l’uomo avrebbe ucciso Iole poche ore dopo il rapimento, all’interno della sua casa di Vicenza; poi, forse aiutato da qualcuno, avrebbe tentato di disfarsi del cadavere. Condannato a 30 anni in primo grado, nel 2009, nel 2011 Fusaro ha ottenuto una sentenza di condanna all’ergastolo, sentenza che la Corte di Cassazione ha poi di nuovo ridotto a 30 anni. Dovrà rimanere in carcere fino al 2037.
Al killer è stato concesso un permesso premio di 10 ore
Sembra che ora al killer sia stato concesso un permesso premio di uscita dal carcere di 10 ore. Una decisione che lascia interdetta la famiglia della vittima e i legali che la sostengono. “Quando ho saputo del permesso premio concesso a Fusaro sono rimasto senza parole – ha fatto sapere l’avvocato Roberto Quintavalle -. È previsto dall’ordinamento giudiziario e c’è un magistrato di sorveglianza che decide se concederlo o meno. Non entro nel merito della questione, ma non possiamo di certo essere contenti. Anche perché stiamo ancora aspettando che faccia i nomi dei suoi complici”. Secondo il legale, Fusaro non ha mai dato prova, finora, di voler aiutare gli inquirenti a rispondere ai tanti interrogativi rimasti aperti. “È un maniaco della pulizia, lo è sempre stato – ha proseguito l’avvocato -. Se fosse stato da solo, non avrebbe mai fatto a pezzi il cadavere di Iole. Da quando è stato arrestato non ha mai fatto il nome di chi lo ha aiutato. Io gliel’ho chiesto una ventina di volte, come gliel’hanno chiesto la Procura e i giudici. Silenzio, sempre e solo silenzio. Motivo per cui, per me, non meritava nemmeno queste dieci ore di permesso”.