Lavoro e sindrome di Down, una questione annosa di cui Radio Cusano Campus si sta occupando da anni intervistando CoorDown, il coordinamento nazionale delle associazioni delle persone con sindrome di Down, che ha recentemente promosso una ricerca sull’accertamento della disabilità per cercare di far chiarezza sul problema lavorativo che investe queste persone. Carlo Giacobini, il consulente di CoorDown è intervenuto nella trasmissione “Che Musica Maestro” per raccontare cosa è emerso dalla ricerca sul lavoro realizzata non molto tempo fa.

Lavoro mancante e sindrome di Down

Lavoro e sindrome di Down non vanno molto d’accordo, questo ormai è tristemente risaputo. Ci sono infatti poche opportunità per queste persone ma in generale anche per quelle con altre problematiche genetiche e il divario tra Nord e Sud, anche per loro così come per i giovani in genere, si fa sentire moltissimo. Per denunciare ciò che sta accadendo in ambito lavorativo e le scarse occasioni che ci sono per le persone Down di trovare un lavoro ed essere più autonomi, Carlo Giacobini, intervistato su Radio Cusano Campus, consulente di CoorDown fa chiarezza:

“Occorre fare di più per queste persone, nell’ultimo anno e mezzo abbiamo seguito l’inserimento di qualche persona nel mondo del lavoro poiché noi di CoorDown siamo convinti che per entrare nel mondo del lavoro ci possano essere delle difficoltà anche per chi accoglie, per chi ospita e per chi lavora, perciò occorre star vicini giorno dopo giorno sganciandosi sempre di più affinché l’inserimento nel mondo lavorativo delle persone con sindrome di Down sia efficace. Ci sono poi delle proposte che vorremmo fare come eliminare la tassazione su tutte le borse lavoro, 300 euro circa erogate per chi entra in un determinato posto lavorativo come fosse una borsa di studio ma anche vanno ad incidere sul bilancio familiare della persona e questo genera qualche difficoltà.”

Quale sarà il futuro di queste persone?

“Io devo essere oggettivo, devo dire che i cambiamenti e i miglioramenti ci sono e sono positivi rispetto un tempo quando l’unica possibilità per queste persone era rinchiudersi negli istituti. Non sono stati veloci questi cambiamenti e tante cose andrebbero cambiate come le pratiche burocratiche alleggerite: occorre ricordare che dietro ogni persona non autosufficiente c’è una famiglia, una madre, un care giver che molto spesso è donna, che rinuncia alla carriera e al lavoro quindi uno stipendio in meno per aiutare anche il figlio e che andrà sicuramente a gravare sulle tasche dello Stato perché per andare avanti chiederà dei sussidi. La disabilità è uno dei primi motivi di impoverimento delle famiglie italiane e quindi bisogna affrontare la situazione in maniera decisa e drastica:  l’ultima indagine, condotta su un campione rappresentativo di 400 persone distribuite su tutto il territorio nazionale, riporta dati inediti anche sul fronte dell’occupazione facendo emergere come solo il 17,3% dei maggiorenni lavori e uno su cinque non sia impegnato in alcuna attività gravando di molto sul bilancio familiare ovviamente.”