Ad Asti 3 persone sono finite agli arresti con l’accusa di aver organizzato un’attività illecita di traffico di rifiuti speciali. Ai presunti responsabili sono stati confiscati anche 12 milioni di euro.
Il provvedimento di custodia cautelare agli arresti domiciliari disposto dal G.I.P. di Torino è stato attuato questa mattina, Mercoledì 8 Marzo 2023, dai Carabinieri del Gruppo per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Milano, con il supporto dei militari dei Comandi Provinciali Carabinieri competenti per territorio e dell’Aliquota Carabinieri della Sezione di P.G. della Procura di Torino.
La decisione è arrivata dopo una profonda e complessa attività investigativa, denominata “Oro nero” condotta dai Carabinieri dei Nuclei Operativi Ecologici di Torino ed Alessandria e coordinata dalla Procura della Repubblica – D.D.A. di Torino. Le indagini hanno richiesto anche il supporto di esperti tecnici per acquisire prove attraverso intercettazioni telefoniche e riprese video, oltre ad una precisa attività di osservazione, di controllo e di pedinamento, con la quale è stato possibile reperire importanti indizi che confermassero l’esistenza di un accordo criminale.
Gli investigatori hanno quindi ricostruito che a capo di questo sodalizio illecito vi era il titolare di un’impresa di gestione rifiuti con sede legale in provincia di Asti. L’uomo avrebbe richiesto di preparare ad un suo complice già consulente ambientale per la stessa società, alcune relazioni tecniche “concordate”, in modo da ottenere le autorizzazioni amministrative funzionali alla gestione dei rifiuti in maniera illecita. Il TAR Piemonte si era già pronunciato circa l’illegittimità di questi documenti nel 2021.
Asti traffico di rifiuti: li rivendevano senza opportune procedure di trasformazione e recupero
Il titolare dell’azienda attraverso un dirigente di una società di intermediazione, concorrente del traffico avrebbe reperito un enorme quantitativo di rifiuti speciali, poi stimato da parte delle forze dell’ordine in 600 mila tonnellate, nel periodo tra il 2014 e il 2021.
Nello specifico si tratta di rifiuti speciali non pericolosi, derivanti da lavorazioni e costituiti soprattutto da terre e rocce da scavo, fanghi da depurazione e scorie di fonderia
Successivamente, attraverso documentazione artatamente prodotta, il titolare avrebbe attestato di averli sottoposti alle procedure di recupero in modo da non doverli più considerare come rifiuti. Senza dunque effettuare le necessarie operazioni di riciclo e in alcuni casi limitandosi a grossolane miscelazioni avrebbe venduto tali materiali per poi essere utilizzati da discariche in Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna e Toscana.
Questa procedura permetteva alle diverse discariche destinatarie del prodotto di evadere i versamenti della così detta ecotassa, ossia il tributo da versare nelle casse comunali per gli oneri ambientali previsti in caso di ricezione di rifiuti.
Il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri ha inoltre provveduto a sottoporre al sequestro preventivo dei conti correnti e i beni di proprietà per 12 milioni di euro, ritenuta la stessa somma profitto del reato.
Un altro episodio simile a Milano
Solo qualche giorno fa una maxi operazione del Gruppo Carabinieri per la Tutela Ambientale e la Transizione Ecologica di Milano aveva smascherato una vera e propria associazione per delinquere finalizzata all’illecito traffico di rifiuti a livello internazionale.
Il G.I.P. di Milano in questa occasione aveva ritenuto le accuse a carico degli indagati gravi da richiedere la custodia cautelare di tutti i soggetti ritenuti responsabili.
I fermati erano stati ritenuti implicati non solo nell’illecito traffico di rifiuti ma anche di emissioni di false fatturazioni per operazioni inesistenti e auto riciclaggio. Appurato l’enorme traffico economico che l’attività aveva prodotto, stimato in circa 100 milioni di euro, i militari avevano sequestrato beni per lo stesso valore. I proventi dell’attività illecita transitavano su conti correnti anche esteri e venivano reinvestiti per essere “ripuliti”.
Secondo quanto ricostruito, a capo dell’organizzazione criminale vi era un 56enne originario di Locri, in provincia di Reggio Calabria, proprietario di aziende operanti in Italia e all’estero nel settore di trattamento e commercio di metalli ferrosi.
L’uomo avrebbe ripetutamente reperito ingenti quantitativi di rifiuti ferrosi da altre società operanti nel campo del recupero di rottami o direttamente dal mercato clandestino da soggetti non autorizzati o di provenienza furtiva. Il materiale era poi rivenduto alle acciaierie attestando falsa documentazione di importazione della Germania.