Riaperte le indagini sul caso Sara Scimmi. La 19enne venne ritrovata morta a Castelfiorentino nel settembre del 2017. Alcune prove avevano portato a ipotizzare che la giovane fosse stata travolta e uccisa da un camionista mentre si trovava su una strada regionale. Ora, il sospetto è che alcune prove siano state manomesse e l’incidente stradale sia stato solo simulato.
A renderlo noto sono i legali della famiglia Scimmi e la società di consulenza statunitense “Emme Team”.
Caso Sara Scimmi, riaperte le indagini per manomissione di prove
La procura di Firenze ha riaperto le indagini sulla morte della 19enne Sara Scimmi. La ragazza venne trovata senza vita il 9 settembre del 2017 a Castelfiorentino, in provincia di Firenze. Il corpo di Sara Scimmi si trovava ai bordi della strada regionale 429 e i medici legali appurarono la presenza di chiari segni di investimento da parte di un mezzo pesante.
In una nota, l’avvocato della famiglia Scimmi, Antonio Guglielminelli e la società di consulenza statunitense, “Emma Team”, che sta aiutando i genitori e la sorella della ragazza fanno sapere di essere riusciti a reperire ulteriori prove che hanno dunque portato alla riapertura del fascicolo di indagine sulla morte di Sara Scimmi.
Secondo quanto emerso nelle scorse ore, la Procura di Firenze ha preso nota della denuncia presentata lo scorso settembre dal legale Guglielminelli e delle nuove prove presentate e ha riaperto le indagini per omissioni di atti d’ufficio.
Dalle indagini condotte dalla società “Emme Team”, è emersa una “manomissione della copia forense dello smartphone in uso alla vittima e l’identificazione di un’auto, presente all’interno delle riprese di videosorveglianza, che potrebbe aver trasportato Sara Scimmi fino al luogo dove perse la vita“.
Pare, infatti, che nell’omicidio di Sara Scimmi possa essere coinvolta un’altra auto, la cui targa e il proprietario sono stati identificati nei mesi scorsi tramite l’utilizzo di tecnologie avanzate a disposizione degli Stati Uniti.
Infine, la nota di “Emme Team” conclude affermando:
“Nel frattempo, nuovi testimoni di quella notte si sono fatti avanti e le perizie eseguite sui social network e sul telefono di Sara Scimmi, hanno permesso di acquisire elementi importanti. Dopo quasi sei anni, la famiglia ha l’occasione di portare a termine una lunga ed estenuante lotta per conoscere la verità ed ottenere giustizia“.
Al contempo, è ancora in corso il processo di appello relativo al ruolo di Milko Morelli nella morte di Sara Scimmi. Il camionista di Santa Maria a Monte è stato dichiarato non colpevole in primo grado. Per i giudici, infatti, la ragazza avrebbe potuto essere già morta quando il camion investì il suo corpo lungo la regionale 429.
Le indagini sulla morte della 19enne
Il corpo di Sara Scimmi venne rinvenuto nella notte del 9 settembre 2017, da alcuni passanti tra Castelfiorentino e Certaldo. Dai primi accertamenti si ipotizzò che la 19enne fosse stata uccisa da un’auto pirata. Quando la sala operativa del 118 inviò il personale medico sul posto, Sara Scimmi era già morta e come già anticipato, presentava sul suo corpo chiari segni di investimento.
La conclusione a cui giunse la Procura di Firenze, dunque, fu quella che si fosse tratta di un incidente stradale e che la 19enne fosse stata travolta e uccisa da un tir. Per tali motivi venne chiesta al gip l’archiviazione delle indagini.
Tuttavia, sulla vicenda rimanevano numerosi punti oscuri ancora da chiarire come ad esempio la presenza della giovane sdraiata sull’asfalto della statale in piena notte. Per gli inquirenti la giovane aveva trascorso la serata discoteca con alcuni amici prima di incamminarsi verso casa e accasciarsi sulla carreggiata in un profondo stato di ubriachezza. Tale condizione venne accertata da alcuni test medici.
Tuttavia, la famiglia di Sara Scimmi non è mai riuscita a darsi pace e la stessa sorella della vittima era intervenuta sui social affermando:
“Chiedo a chi ha visto o sa qualcosa di parlare, perché Sara non sarebbe mai andata sulla 429, aveva chi la riportava a casa ed era una ragazza coscienziosa. Lì ci è stata portata o lasciata. Nessuno ce la ridarà mai, ma aiutateci a capire“.
Con la riapertura delle indagini, la famiglia può finalmente sperare che venga fatta chiarezza su quanto avvenuto quella notte.