Pensione, stralcio cartelle fino a 1.000 euro penalizzante per i contributi da versare e da ritrovare nel proprio cassetto previdenziale, ecco perché e quali lavoratori sono penalizzati. Lo stralcio automatico dei debiti contributivi previdenziali così come varato dalla legge di Bilancio 2023 tra le cartelle che si possono cancellare va a penalizzare direttamente varie categorie di lavoratori: in primis i lavoratori autonomi e gli iscritti alla Gestione separata Inps, mentre i lavoratori dipendenti risultano coperti dalla normativa anche in caso di mancato pagamento del datore di lavoro. Tutte le categorie penalizzate di lavoratori si ritroverebbero con un montante di contributi ridotto in conseguenza del mancato pagamento di quanto dovuto ai fini della previdenza per la sanatoria che vige sui relativi debiti maturati nel periodo dal 1° gennaio 2000 al 31 dicembre 2015. È l’allarme che è stato lanciato dall’Ordine dei dottori commercialisti per le rate di contributi non versate nei primi 15 anni del millennio. Ecco chi sono i lavoratori penalizzati nel cassetto previdenziale e cosa bisogna fare per evitare buchi contributivi ai fini della pensione futura.

Pensione, stralcio cartelle fino a 1.000 euro penalizzante per i contributi: uscita da lavoro più lontana, ecco perché

Contributi previdenziali e pensioni future direttamente penalizzati dalla sanatoria dello stralcio cartelle fino a 1.000 euro previsto dalla legge di Bilancio 2023 che sta andando a regime per l’anno in corso. A rischiare sono i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps che, in caso di mancato pagamento di quanto dovuto agli enti previdenziali (ad esempio, Inps) ai fini contributivi, si ritroverebbero un buco nel cassetto previdenziale per il periodo corrispondente al mancato versamento di quanto dovuto. Ciò significa che anche la pensione si allontana e che il contribuente dovrà lavorare di più per recuperare quanto perduto per lo stralcio delle cartelle. Nella stessa situazione e per le stesse ragioni sono a rischio le pensioni dei commercianti, degli artigiani e dei lavoratori agricoli autonomi che versano annualmente quote contributive per la futura pensione. Di questo rischio, l’Ordine dei dottori commercialisti ha inviato un’informativa proprio all’Inps chiedendo massima diffusione affinché i lavoratori coinvolti in questo meccanismo conoscano i rischi dovuti allo stralcio delle cartelle in caso di mancato pagamento dei debiti previdenziali. Più coperti dalla normativa sono i lavoratori dipendenti i quali non sono coinvolti in questo autogol contributivo: a favore dei dipendenti, infatti, vige il principio di automaticità delle prestazioni (anche pensionistiche) che prevede la spettanza dei contributi anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia proceduto al versamento di quanto dovuto a tal proposito. Per i datori di lavoro, invece, avvalersi dello stralcio delle cartelle rappresenta un risparmio in termini di spese previdenziali non sostenute a favore del dipendente.

Pensioni, quali lavoratori sono penalizzati dalla sanatoria 2023?

La copertura dei contributi previdenziali assicurata dalla normativa ai lavoratori dipendenti non vige per le partite Iva, i commercianti, gli artigiani, gli agricoltori diretti e per tutti gli iscritti alla gestione previdenziale Inps, compresi i parasubordinati. Per tutte queste categorie, infatti, il montante contributivo dipende dalla quantità di contributi versati durante la vita lavorativa: l’eventuale stralcio cartelle per un debito previdenziale degli anni dal 2000 al 2015 comporterebbe un buco nel cassetto previdenziale con la conseguenza di allontanare la pensione e lavorare di più per recuperare il periodo mancante. Nel caso dei lavoratori agricoli, ad esempio, l’omesso pagamento di una sola rata contributiva per un’annualità comporta il mancato accredito ai fini contributivi di un intero anno, anche se il lavoratore risultasse in regola con il pagamento delle altre rate. Per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione separata Inps, la sanatoria dello stralcio delle cartelle verso gli enti previdenziali si traduce in una doppia beffa: infatti, a fronte del mancato pagamento di quanto dovuto dai committenti, anche la quota (trattenuta dai datori) pari a 1/3 dei contributi versati dal lavoratore autonomo non verrebbe recuperata da quest’ultimo. In questo caso, il lavoratore autonomo avrebbe versato dei soldi al committente che poi andrebbero persi, oltre alle altre due quote evaporate che i committenti risparmiano avvalendosi della sanatoria. L’unica soluzione a evitare il buco contributivo e gli effetti sulla futura pensione è il pagamento di quanto dovuto entro il 31 marzo 2023: la legge infatti prevede che il contribuente abbia la possibilità di procedere al pagamento recuperando gli importi dovuti. In questo modo, le somme versate vengono acquisite a titolo definitivo e per le finalità previdenziali dovute.