Donne afghane oggi abbandonate nel loro paese senza diritti. L’8 marzo è la Festa delle donne e sui social, almeno per 24 ore, si condividono post, messaggi e si discute sulla condizione della donna, sul divario nell’ambito lavorativo, femminicidi, condizione precaria dell’intero genere femminile occidentale. Nessuno, però, pensa a cosa succede dall’altra parte del mondo, dove si lotta continuamente per non essere dimenticate e per fare rimanere accesa la luce della speranza per un futuro migliore.

Stiamo parlando di un intero genere umano ormai invisibile. Le donne afghane, dopo anni di conquiste, si sono ritrovate a fare un passo indietro dopo quella notte che ha cambiato loro completamente la vita. Era il 15 agosto 2021 quando i Talebani hanno riconquistato l’intero Afghanistan.

Donne afghane oggi senza diritti

Tag24.it ha avuto l’occasione di confrontarsi con Silvia Redigolo, una delle attiviste di Fondazione Pangea Onlus, responsabile della comunicazione e della raccolta fondi dell’associazione che, dal 2002, lavora per favorire lo sviluppo economico e sociale delle donne. Insieme abbiamo ripercorso la storia delle donne afghane, soffermandoci su alcuni aspetti per capire e essere più consapevoli della loro condizione.

Com’è cambiata la condizione della donna Afghana dal passato ad oggi?

In questo momento quello che stanno vivendo le donne in Afghanistan è assurdo, perché sono state costrette a tornare indietro di almeno venti anni in una sola notte. Io sono appena tornata da un viaggio di monitoraggio e quello che si nota è il voler rendere invisibile un intero genere umano. Veramente tutto quello che hanno perso le donne nella notte tra il 14 e il 15 agosto è difficile da accettare soprattutto per noi donne occidentali. Le donne non possono più studiare, lavorare, devono indossare il burka cosa che non si vedeva più da tanti anni. Ora se ne vedono parecchi, per cui le donne vedono veramente sparire i loro diritti”.

E le donne accettano questa situazione?

No, infatti, la cosa bella cosa che tengo a sottolineare è che le donne afghane non si rassegnano a tutte le norme che i talebani emanano e al fatto che il mondo le stia dimenticando. Perché nonostante la promessa che era stata fatta nel 2021 cioè “Non vi lasceremo sole, non vi dimenticheremo”, oggi purtroppo non si parla più della condizione della donna Afghana“.

E voi come associazione cosa fate?

Pangea lavora in Afghanistan dal 2002, per cui è un lungo lavoro che abbiamo fatto accanto alle donne afghane e si è trattato sempre di un lavoro di microcredito e quindi di sviluppo. Nel 2021 erano più di 7000 i microcrediti erogati, per cui più di 7000 donne che nel corso degli anni avevano ricevuto consapevolezza e fatto un lavoro sulla consapevolezza dei loro diritti, proprio di empowerment, inoltre erano diventate imprenditrici. Infatti, grazie al microcredito di Pangea riuscivano a mantenere da sole la famiglia. Ovviamente con la presa dei talebani di Kabul tutto il nostro lavoro si è dovuto fermare ma l’associazione ha deciso di non abbandonare il Paese e di lavorare in maniere diversa. Nel frattempo, l’Afghanistan è sprofondato in un’emergenza ancora più grave legata alla fame e al freddo. La popolazione sta vivendo l’inverno più freddo degli ultimi anni e le temperature raggiungono anche -30° in alcune zone. Stiamo parlando di persone che non accesso ad abiti pesanti e vivono in abitazioni precarie in cui non ci sono porte, finestre e resistere in queste situazioni è difficile. Quindi, ciò che stiamo facendo in questo momento è proprio la distribuzione di cibo, beni di prima necessità e coperte per fr sì che la gente riesce ad arrivare alla primavera viva”.

Invece, parliamo di bambini. Viene fatta una distinzione già dai primi anni di vita tra maschi e femmine?

Assolutamente, la distinzione c’è ed è visibile nelle bambine che hanno più di 11 anni. Perché le ragazze che superano quell’età non possono più frequentare la scuola e questa situazione è davvero difficile da accettare perché l’Afghanistan è l’unico paese che nega l’accesso all’istruzione alle bambine che hanno più di 11 anni. In questo momento le scuole sono chiuse per il freddo, ma a marzo dovrebbero riaprire e i Talebani girano nelle classi per controllare che le bambine grandi non siano presenti a lezione e capire se quelle presenti abbiano effettivamente 11 anni perché magari c’è chi sembra già una donna. C’è veramente una negazione di tutto un genere”.

E una volta abbandonata la scuola cosa fanno le bambine?

Stanno chiuse in casa come le donne perché non possono lavorare e non possono fare nessuna attività ludica o sportiva perché a loro è negata e quindi non possono fare altro che chiudersi in casa e rimanere lì. Tanto è vero che nei viaggi abbiamo raccolto la disperazione dei padri, cioè più volte abbiamo visto gli uomini piangere in nostra presenza perché si chiedevano che futuro ci sarà per le loro figlie“.

La speranza di un futuro migliore

Quindi gli uomini sono dalla loro parte?

Sì, è un mito che voglio sfatare cioè quello che tutti gli uomini siano talebani. Oggi non è così, da dicembre 2022 i Talebani hanno impedito alle donne di lavorare per le ONG e quindi il lavoro di distribuzione lo facciamo grazie ai colleghi uomini e questo lo sottolineo perché spesso si pensa che tutti gli uomini siano Talebani, ma in realtà non è così. Anzi, negli anni è successo spesso che i mariti delle donne che ricevevano il microdredito accompagnassero le donne nel loro percorso di empowerment”.

In questo contesto l’Occidente che cosa fa?

Pangea usa molto i social e soprattutto Instagram e per questo abbiamo un contatto diretto con i nostro follower. Nell’agosto 2021 noi siamo stati subissati di messaggi e di gente che ci diceva “Non dormo la notte pensando alle donne afghane”. Era agosto, le persone erano in vacanza ma pensavano e piangevano per le donne afghane. Insieme abbiamo fatto una promesso “Non vi lasceremo sole”, ecco questa promessa purtroppo ce la siamo dimenticata. In questi giorni ci stiamo ricordando dell’Afghanistan a causa della tragedia di Crotone e quindi ritorniamo a pensare a loro. C’è una cosa che ci sentiamo di dire: quelle immagini potrebbero essere evitate anche continuando ad aiutarli in Afghanistan. Nessuno vuole lasciare il proprio paese e nessuno vuole non dare un futuro ai propri figli e quindi sostenendo Pangea possiamo fare in modo di non togliere il diritto alla speranza, a queste donne e uomini e alle donne e uomini del futuro”.

E ci sarà mai un futuro migliore per le donne?

Questo dipende da noi, più non diamo attenzione e più i talebani possono agire indisturbati. Dobbiamo pensare a quello che succede nel mondo e non dobbiamo tirarci indietro. Soprattutto in questo periodo storico, abbiamo tutti un telefono e un profilo social: usiamolo per spiegare qual è la situazione dell’Afghanistan. Se manteniamo accesa la luce, il futuro l’Afghanistan ce l’avrà”.