Con l’obiettivo di garantire la sicurezza dei civili, martoriati da oltre un anno di guerra, il Consiglio dei Ministri dell’Ucraina ha approvato l’evacuazione obbligatoria delle famiglie con bambini dalle zone di combattimento attivo. Ora i governatori degli oblast (regioni) interessati, vale a dire tutti quelli del centro-est del Paese, dovranno accordarsi con gli ufficiali militari per giungere a un’intesa sullo svolgimento delle operazioni.
Attualmente, solo la città di Bakhmut nell’Oblast’ di Donetsk rientra nei criteri di evacuazione obbligatoria. Il vice primo ministro ucraino Iryna Vereshchuk ha dichiarato che 38 bambini sono rimasti all’interno dei confini cittadini.
Il dovere dello Stato è quello di proteggere la vita e la salute dei bambini
Guerra in Ucraina, Bakhmut ridotta a città (quasi) fantasma
Sul tema, Vereshchuk è stata categorica anche nei confronti dei genitori, facendo intendere che non c’è diritto di replica e che eventuali rifiuti faranno sì che sia lo Stato a prendersi cura dei minori. Complessivamente, a Bakhmut sono stimati circa 4mila abitanti rimasti nelle loro case nonostante il villaggio sia il fulcro della guerra in Ucraina da quattro mesi da parte delle milizie russe. Oggi la città è ridotta a brandelli di carbone e pietra, specialmente in tutta l’area industriale e nelle zone di collegamento con i villaggi vicini. Del comune di 70mila abitanti fino a un anno fa non restano che ricordi.
Qui si gioca la partita principale sul campo già da diverse settimane, con la Russia che sembrava in grado di poter dare la spallata decisiva ma che invece non è riuscita a sfondare nonostante l’aiuto del gruppo Wagner. Il presidente Volodymyr Zelensky, consapevole dell’importanza strategica di Bakhmut, ha dichiarato che la decisione assunta dal governo è quella di rinforzare lo schieramento piuttosto che alzare bandiera bianca.
A pochi chilometri di distanza, precisamente a Lugansk, il governatore Sergey Gaidai ha dichiarato che la situazione si è progressivamente stabilizzata negli ultimi giorni. In base a quanto descritto, le truppe russe ancora mobilitate si sentirebbero “demotivate” e “abbandonate” dai loro comandanti non appena viene contestato un fallito attacco o ancora una vistosa perdita di vite umane. Ma questa rabbia e frustrazione rischiano di mettere in pericolo la popolazione civile.
Nuovo scambio di prigionieri
Il capo dell’ufficio presidenziale ucraino, Andriy Yermak, ha confermato su Telegram che 130 cittadini ucraini sono tornati nel Paese come parte di uno scambio di prigionieri di guerra con la Russia. Il gruppo comprende militari delle Forze armate dell’Ucraina, guardie nazionali, guardie di frontiera e dipendenti del Servizio statale di trasporto speciale. Secondo Yermak, 87 militari rimpatriati erano impegnati in operazioni di combattimento a Mariupol e 71 ad Azovstal, dunque si può intendere da quanto tempo fossero tenuti prigionieri dei russi.
Al contempo, il Ministero della Difesa russo ha dichiarato che 90 militari russi hanno fatto ritorno in patria e sono state avviate le procedure per il trattamento post-bellico e la riabilitazione fisica, oltre che assistenza psicologica.
Intanto, il presidente bielorusso Lukashenko ha confermato che le truppe di Minsk hanno rintracciato l’autore del sabotaggio a un aereo A-50 russo che si trovava parcheggiato nell’aeroporto della capitale.