Intervista esclusiva di TAG24 all’avvocato Luigi Li Gotti, il quale assisterà, insieme a un pool di penalisti, i familiari delle vittime del naufragio di Cutro. I parenti potrebbero dar vita a una class action.
Li Gotti è un cassazionista ed è stato dal 2006 al 2008 sottosegretario alla Giustizia. Conosciuto soprattutto per essere stato l’avvocato difensore di noti pentiti di mafia tra i quali Tommaso Buscetta e Giovanni Brusca, nella sua lunga carriera ha difeso anche i familiari delle vittime di Piazza Fontana e la famiglia del commissario di polizia Luigi Calabresi.
Di fronte l’orrore della tragedia verificatasi sulle coste di Cutro ha deciso di mettere a disposizione la sua esperienza personale in forma totalmente gratuita per assistere i familiari delle vittime del naufragio. Con lui gli avvocati Mitja Gialuz, Vincenzo Cardone e Francesco Verri.
Naufragio di Cutro, Li Gotti: “Si poteva guidare la nave ed evitare l’impatto sulla secca”
Avvocato Li Gotti, avete già incontrato i familiari delle vittime e i superstiti del naufragio?
“Sono stato ieri a Crotone, dove ho incontrato i familiari delle vittime e abbiamo raccolto i mandati. Non abbiamo invece incontrato i superstiti, anche per una forma di rispetto: non possiamo dire loro “dateci il mandato”, se vorranno potranno farci loro richiesta“.
Come ha trovato i familiari delle vittime?
“Disorientati. Molti familiari sono ancora in attesa che sia trovato il corpo dei loro parenti deceduti. Ancora mancano una trentina di naufraghi all’appello: i corpi ritrovati sono 71, i sopravvissuti sono 79. Quindi siamo a 150. Gli imbarcati erano invece 180: questo significa che le ricerche non sono finite e che mancano ancora molti corpi da recuperare“.
Qual è la provenienza dei familiari?
“I familiari provengono da tutta Europa, e proprio l’Europa era la destinazione finale di questi migranti. Viaggiavano per ricongiungersi alle famiglie, nessuno di loro aveva come obiettivo la permanenza in Italia.
I familiari individuano una responsabilità dell’Italia nella tragedia?
“No, hanno fiducia nell’Italia. Ma vogliono la verità“.
In un’intervista Lei ha parlato apertamente di negligenza. Dove crede non vi sia stata attenzione?
“Io ho detto che c’è stato un buco di alcune ore, quindi è possibile ipotizzare si sia verificato un corto circuto. L’imbarcazione è stata avvistata alle 23.03: da questo momento c’è un vuoto fino al tragico naufragio. È nostro dovere colmare questo buco temporale e dare risposte. È incredibile che l’avvistamento avvenga a 40 miglia e poi non non succeda niente. Qualche natante avrebbe potuto guidarli, evitando che andassero a spiaggiarsi. L’impatto è avvenuto su una secca di sabbia conosciuta dai locali che si sa esserci, non è una sorpresa.
Sta dicendo, dunque, che il naufragio era prevedibile?
“Beh, visto che la direzione era quella, verso la coste, c’era probabilmente la possibilità di fargli cambiare rotta, di avvisarli. Ci sono dei canali di comunicazione che consentono di scambiare informazioni: la barca poteva essere fermata prima che andasse a sbattere.
Lei pensa quindi che, ancora prima dei soccorsi, sarebbe bastato far cambiare rotta alla nave per evitare la strage?
Si. Per 40 miglia questa imbarcazione è andata avanti. Se la barca non avesse impattato sulla secca, a soli 100 metri dalla spiaggia, rovesciandosi e poi frantumandosi, le persone si sarebbero potute salvare“.
Da calabrese si è sentito orgoglioso della risposta della sua terra?
“Ma certo! Crotone e la Calabria si sono già dimostrate, in molte occasioni, terra di accoglienza. Ieri a Crotone ho potuto percepire una partecipazione incredibile: tutti i cittadini parlano di quanto è accaduto, tutti vorrebbero fare qualcosa per aiutare.