Mia o Gia? Ci sarebbero ancora dubbi sul nome del sussidio con cui il governo Meloni dovrebbe sostituire il reddito di cittadinanza, secondo quanto previsto dalla Legge di Bilancio, che ne prorogava l’esistenza fino a luglio. Una misura che, stando al Corriere della Sera, sarebbe in dirittura d’arrivo: finita la fase di valutazione da parte del ministero del Tesoro, il decreto dovrebbe arrivare in Consiglio dei ministri, attraverso il ministro del Lavoro, Marina Calderone. Ma tutti sembrerebbero negare di essere in possesso di una bozza sulla riforma, quella composta dai 12 articoli diffusi nella giornata di ieri: sia il Mef, sia Palazzo Chigi, sia l’Inps. Qualcuno però, ci starebbe lavorando e nessuno, al momento, sembrerebbe aver smentito la notizia dei tagli che ci saranno, a discapito dei più poveri.
Riforma reddito di cittadinanza: la bozza rinnegata e la conferma dei tagli
Ha fatto il giro del web, nella giornata di ieri, la bozza di testo del nuovo sussidio – per alcuni Mia, Misura di inclusione sociale, per altri Gia – che dovrebbe sostituire il reddito di cittadinanza, un provvedimento di 12 articoli che, secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, potrebbe arrivare in Consiglio dei ministri entro le prossime due settimane, ma che tutti sembrano voler rinnegare. “Nessuna bozza è al momento all’esame degli uffici, né è mai pervenuta la relazione tecnica indispensabile per qualsiasi valutazione”, ha fatto sapere il ministero dell’Economia. “Qui non ci sono bozze”, ha risposto Palazzo Chigi. Addirittura l’Inps se ne è lavato le mani: “Non sappiamo nulla”.
Ma qualcuno a questo testo starebbe lavorando e, per ora, l’unico elemento che nessuno sembrerebbe aver smentito è quello dei tagli, fino a 2-3 miliardi di possibile e ulteriore risparmio sulla vecchia misura da 8 miliardi all’anno già penalizzata in manovra per 1 miliardo. Lo mette in luce Repubblica. Al di là dei dubbi sul nome e sulle responsabilità, ciò che emerge, nonostante la ministra Calderone abbia più volte ribadito che “nessun fragile sarà abbandonato”, è la volontà di spendere meno e non quella di garantire una maggiore inclusività. I soldi risparmiati, infatti, in questo caso avrebbero un impatto sui poveri: non tutto ciò che è benefico per i conti pubblici lo è anche sul piano sociale.
Stando alla bozza diffusa finora, di cui non è chiara la paternità, si distingueranno due nuove categorie: le famiglie in difficoltà economica senza persone occupabili – ovvero quelle in cui c’è un minorenne, un over 60 o una persona disabile – e quelle che comprendono invece soggetti occupabili, ossia quelle che hanno al loro interno almeno un componente tra i 18 e i 60 anni d’età. Gli occupabili che ora percepiscono il reddito di cittadinanza, scaduta la misura potranno quindi presentare domanda per la Mia.
È per limitare i danni in questo senso, cioè per non lasciare scoperte le famiglie con soggetti occupabili a cui l’assegno sarà tolto dal prossimo primo agosto solo perché non hanno figli disabili o over 60 nello stesso nucleo (e a cui il governo, forse, non potrebbe garantire né la formazione obbligatoria di sei mesi, né un’offerta di lavoro “congrua”), che il nuovo reddito dovrebbe essere anticipato rispetto alle previsioni della manovra, prendendo il via dal primo settembre 2023 anziché dal primo gennaio 2024. L’impressione è che l’azzardo politico che consegue ai tagli voglia essere ridimensionato da Palazzo Chigi. Per questi soggetti, tra cui rientrerebbo anche i senza fissa dimora, per esempio, l’agevolazione sarà comunque inferiore, sia a livello di importo (375 euro invece di 500) che di durata (non più di un anno). Elementi su cui si attende ancora certezza ma che hanno già scatenato la dura reazione di opposizione e sindacati.