La pensione anticipata potrebbe diventare più flessibile per i lavoratori. La riforma pensioni potrebbe regalare un ritiro dal lavoro già a 60 anni di età con Quota 96 nel 2024. Le prospettive future sembrano orientate a snellire l’uscita dal mondo del lavoro. Ma, è anche vero, che diversi summit tra sindaco e maggioranza politica, nonostante i vari intoppi proseguono nel voler concretizzare una riforma in tempi strettissimi.
Pensioni a 60 con Quota 96: ecco come funziona
Troppi ritocchi nel 2023 hanno reso impossibile l‘uscita anticipata dal lavoro, scoraggiando i lavoratori disorientati dall’assenza di un quadro previdenziale forte, sicuro e stabile.
Per ora, l’unica misura che non ha subito modifica è stata l’anticipo pensionistico Ape sociale, rinnovata senza intoppi per il 2023.
Nel 2023 è stata messa a regime Quota 103, un’uscita anticipata flessibile a 62 anni, ma strettamente legata alla presenza di una carriera lavorativa longeva. Infatti, il requisito contributivo prevede la presenza di un montante pari a 41 anni, senza distinzione tra uomini e donne.
Opzione donna, la pensione esclusivamente per la donna ha subito uno scossone tremendo, allungata a 60 anni rispetto i precedenti 58 e 59 anni di età. Il requisito contributivo prevede ancora un montante pari a 35 anni di contribuzione.
Quando viene fatta la nuova riforma delle pensioni?
Il sistema previdenziale italiano è cambiato tantissimo nel corso degli anni, sicuramente tra la riforma Dini, Amato e la Fornero è nata la questione pensionistica italiana.
La riforma Dini sotto diversi aspetti è quella più significativa, in quanto ha introdotto il sistema contributivo per il calcolo della pensione.
Uno scacco matto per milioni di lavoratori che oggi si interfacciano con una pensione contributiva, anziché retributiva.
La pensione calcolata con il sistema contributivo si basa sul carico dei contributivi versati o accreditati, mentre la pensione retributiva valuta la carriera lavorativa. Quest’ultimo era sicuramente molto più vantaggioso per i lavoratori, mentre la prima è poco favorevole per i lavoratori. Il legislatore nella riforma Dini è intervenuto per creare un passaggio dal sistema retributivo al sistema contributivo.
La Riforma Fornero, invece, più che rivoluzionare il sistema pensionistico ha sacrificato gli italiani a fronte di un’esigenza di cassa. L’obiettivo dell’articolo 24 del decreto legge 6 dicembre 2011 è apparso da subito come una nuova riforma dal pugno massiccio diretto al sistema pensionistico, al fine di spremere sul lavoro per ridurre il peso della spesa pubblica.
L’ex governo Monti per fronteggiare una grave crisi economica introdusse il decreto Salva Italia, più conosciuto come la riforma “lacrime e sangue”. Una misura che avuto effetto catastrofico per le pensioni.
Ad oggi, ancora si discute nel ridimensionare la riforma Fornero, peccato che gli effetti attuali si annullano con l’ingresso delle nuove misure, anch’esse poco favorevoli per i lavoratori.
Quanti anni di contributi ci vogliono per andare in pensione a 60 anni?
Prima dell’avvento della riforma “lacrime e sangue“, il sistema pensionistico italiano non era particolarmente rigido permettendo l’accesso alla pensione per gli uomini a 65 anni di età a fronte di un montante contributivo di 20 anni, mentre le donne potevano ritirarsi dal lavoro a 60 anni con almeno 20 anni di contributi.
E, ancora, per le lavoratrici del settore pubblico l’uscita dal lavoro doveva giungere al raggiungimento dei 61 anni di età.
Parliamo del tempo della pensione di anzianità e la pensione con soli 40 anni di contributi, senza ulteriori obblighi.
La tanto amata Quota 96 permetteva di allontanarsi dall’attività lavorativa a 60 anni di età con 35 anni di contributi, ovvero 60+36=96 o 61+35=96.
Ed è, forse, per la nostalgia di un tempo passato che è stata rimodulata Opzione donna a 60 anni, peccato che la misura così come modificata, non è di supporto a tutte le lavoratrici, ma sopratutto, è inaccessibile agli uomini.
Secondo numerosi esperti, la soluzione previdenziale è racchiusa nella Opzione donna anche per gli uomini. In altre parole, all’inserimento nel sistema pensionistico italiano di una Opzione per tutti.
In altre parole, si ritorna a parlare della pensione a 60 anni di età e di una maggiore flessibilità d’uscita.
E quindi, si parla comunque di ipotesi pensionistiche future con l’eliminazione di qualche paletto di troppo e un montante contributivo a 35 anni di età.
Il ritorno delle pensioni a 60 anni di età con Quota 96 non intaccherebbero la spesa pubblica, a pesare sulla scelta d’uscita resterebbe il sistema contributivo, ovvero un taglio del 30 per cento sulla liquidazione della pensione, ma sicuramente si creerebbe una possibilità sfruttabile a discrezione del lavoratore.
Il mio unico errore? Continuare a studiare ed entrare nel mondo del lavoro a 28 anni…..amici di scuola elementare e medie non hanno proseguito gli studi e chi si è arruolato nella GdF chi nell’Esercito e via dicendo, sono andati in pensione a 54 anni conservando anche il vecchio sistema pensionistico. Invece io mi ritrovo ancora a lavorare a 64 anni (ho solo 36 anni di contributi), dovrò lavorare sino a 67e andrò (forse…..ma se approvano la quota 41 dovrò lavorare sino a 69 anni) con il sistema misto contributivo/retributivo, e sono ancora al lavoro con i miei problemi di salute con genitori di 90 e 94 anni da accudire e con il lavoro che è sempre più esasperante. Viva l’Italia
Si, è solo una vergogna …. questi politici, che hanno solo tante parole ….. peggiorano la vita degli italiani ….. parliamo dei loro stipendi, a quanto ammontano e le pensioni dei senatori a vita che vengono ereditate dai figli, nipoti, ecc. , non vengono intaccate!!! Per entrambi i sessi è deleterio, prestare lavoro dopo 35 anni si servizio, ma soprattutto per le donne, la platea che hanno ristretto, conl’uscita con OPZIONE DONNA