Tragedia nel carcere di San Donato a Pescara per un giovane detenuto che è morto a seguito di un estremo gesto volontario.
Il fatto è avvenuto nel pomeriggio di ieri, Domenica 5 Marzo e come riferisce Giuseppe Di Domizio, segretario provinciale del sindacato Sinappe, il giovane si sarebbe impiccato con delle lenzuola legate alle inferriate della cella.
Nonostante il tempestivo intervento sia della polizia penitenziaria, con i suoi sanitari, sia dei soccorritori del 118 non è stato possibile salvare la vita del carcerato.
L’uomo era detenuto per reati legati alla droga ed era in cura psichiatrica.
«Ho avvertito subito ministero e sottosegretario, dice Gianmarco Cifaldi, garante del detenuto in Abruzzo, perchè questo è un fallimento della società e dello Stato”.
Il Segretario provinciale del Sinappe di Pescara, Giuseppe Di Domizio, in una nota sottolinea che il tragico fatto registrato ieri nel carcere di San Donato a Pescara evidenzia la sconfitta delle istituzioni in primis quella dello Stato.
Il sindacato denuncia elevate carenze del personale sanitario a fronte di una richiesta di sostegno psicologico in aumento. Si registra anche una forte carenza del personale costretto a turni di lavoro estenuanti.
Il sindacato rivolge infine un appello alle istituzioni affinché trovino le soluzioni adeguate.
“Continua la serie infinita di eventi critici, ormai diventati giornalieri, commenta Di Domizio, per l’ennesima volta lo Stato ha perso. Si, perché ogni volta che avviene un suicidio in un penitenziario, è lo Stato a essere sconfitto. Il Prap, il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria di Lazio, Abruzzo e Molise ha di fatto abbandonato il penitenziario pescarese, tante le richieste di aiuto da parte della direzione per la forte crescita di eventi critici ingestibili che sono rimaste inascoltate. La casa circondariale di Pescara è diventata un contenitore, da riempire purtroppo, con detenuti che sono riottosi e disadattati, perlopiù con patologie psichiatriche, nonostante sia risaputo, che a Pescara esiste un solo reparto Atsm di 7 posti al massimo”.
“Questo, aggiunge poi Di Domizio, ha mandato in tilt l’area sanitaria, la quale ha carenze elevatissime di personale, al tal punto da non riuscire a garantire il minimo di assistenza a tutti sancito dall’art.32 della Costituzione”.
Pescara detenuto morto in carcere: le parole del Sappe
Per il Sappe, “la via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Anche la consistente presenza di detenuti con problemi psichiatrici è causa da tempo di gravi criticità per quanto attiene l’ordine e la sicurezza delle carceri del Paese. Il personale di Polizia Penitenziaria è stremato dai logoranti ritmi di lavoro a causa delle violente e continue aggressioni”.
Capece richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che sui suicidi in carcere aveva sottolineato come “il suicidio costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze”.
Anche Daniele Licheri, segretario regionale di Si Abruzzo ha commentato il suicidio del giovane detenuto nel carcere di Pescara.
“Il carcere non è un bidone dell’immondizia in cui nascondere tutti gli scarti della società sperando che la situazione poi si autorisolva. Così gli istituti penitenziari che ricordo sono di riabilitazione e non punitivi, anche se l’attuale governo con il caso Cospito sta affermando il principio di uno Stato vendicativo verso chi commette errori, diventano delle vere e proprie polveriere. A Pescara poi oltre ad ammassare più persone di quelle consentite costituendo una sovraffollamento ingestibile, abbiamo quasi il 60% della popolazione con problemi psichiatrici stiamo davvero accendendo la miccia in questa polveriera. Se la democrazia di un Paese si misura anche dalla condizione delle proprie case circondariali possiamo tranquillamente affermare che siamo tra gli ultimi in Europa”.
Questa la conclusione di Licheri: “Chi ha problemi va aiutato, chi è malato va curato, invece qui trasformiamo le persone in vecchi oggetti rotti da buttare via. Io lo ripeto da anni, e sono stanco di assistere a suicidi, episodi di violenza gravi e sfinimento di chi lavora lì. Questi sono luoghi poco salubri sia per detenuti sia per tutto il personale e non è più accettabile questa situazione, servono risorse subito e soprattutto serve un piano di riorganizzazione nazionale perché cosi è inaccettabile”.