La conferma dell’aumento dei tassi d’interesse dello 0,5% da parte della Bce (decisione che sarà ratificata durante la prossima riunione il 16 marzo) significa un altro contraccolpo diretto sui tassi dei mutui. Un problema di cui è estremamente consapevole anche la presidente Christine Lagarde, che in un’intervista esclusiva a un’editoriale spagnolo ha espressamente chiesto alle banche di venire incontro ai debitori.
Nel discorso, la leader di Strasburgo si è detta “certa” che gli istituti di credito rinegozieranno i mutui con i loro clienti, magari dilazionando ulteriormente il pagamento. Il suo tono suonava più come un avvertimento fortemente consigliato, dal momento che “è nel loro interesse seguire questa linea”.
Il suo ragionamento di fondo è che in una prospettiva dove l’inflazione sarà gradualmente decrescente, fino a tornare sotto controllo, i tassi di interesse alla fine scenderanno in maniera consequenziale. Non avrebbe dunque senso impuntarsi e lasciare milioni di crediti non pagati nei loro bilanci.
Aumento tassi sui mutui, cosa fare ora? Dalla rinegoziazione alla surroga
A partire da novembre 2021 si è generato un clima di preoccupazione diffusa che ha indirizzato la domanda verso i tassi dei mutui fissi, a discapito di quelli variabili. Molti clienti, con abile lungimiranza, hanno ritenuto più sicuro sottoscrivere un tasso variabile con un tetto massimo, proprio per evitare eccessive oscillazioni al rialzo.
In Italia su uno stock di 426 miliardi di mutui che interessa 3,5 milioni di famiglie, il 40% è a tasso variabile. Secondo i calcoli di vari istituti (Codacons e Facile.it), la retta mensile per estinguere il debito è aumentata in una forchetta tra i 150 e i 200 euro, con ripercussioni annuali che dunque segnano un rincaro compreso tra i 3mila e i 4mila euro: una stangata.
Che cosa può fare chi ha sottoscritto un mutuo nel frattempo? Come anticipato, la possibilità di rinegoziazione può essere la soluzione più gettonata, nell’auspicio di trovare sull’altra sponda un interlocutore collaborativo. L’alternativa principale è costituita dalla surroga del mutuo, ossia del suo trasferimento interbancario senza penali. Oppure, la terza via consiste nel cambiare il tasso variabile con il tasso fisso, tuttavia ciò è possibile solo a determinate condizioni: durata residua fino a venticinque anni, di valore inferiore a 200mila euro ed entro un Isee di 35mila euro.
Il mercato è estremamente pessimista per quanto riguarda il 2023. Secondo gli analisti, la domanda è destinata a calare proprio per il clima di timore verso gli indecisi: si attende dunque una curva discendente per il settore immobiliare dopo l’exploit a cui si è assistito inizialmente durante l’epoca covid.
Il direttore dell’Abi risponde a Lagarde
Il direttore generale dell’Abi (Associazione bancaria italiana) Giovanni Sabatini, ha risposto a distanza all’invito di Lagarde, ricordando che “in Italia, più che in altri Paesi europei, sono presenti strumenti per venire incontro alle necessità dei debitori in potenziali situazioni di difficoltà (a cominciare dalla portabilità dei mutui)”. Non solo, perché il leader dei bancari ha rivoltato la questione, chiedendo una maggiore flessibilità normativa all’Autorità Bancaria Europea (Eba) in materia di ristrutturazioni onerose.
Tra le soluzioni puramente italiane figurano anche il “fondo di solidarietà prima casa” (cosiddetto fondo Gasparrini), che permette al debitore di sospendere il pagamento della rata del mutuo fino a 18 mesi in caso di eventi quali la perdita del posto di lavoro o cassa integrazione. Infine la legge di Bilancio per il 2023 ha introdotto l’obbligatorietà per la banca di convertire il mutuo da variabile a fisso in caso di richiesta del proprio cliente