I parenti delle vittime del naufragio di Crotone hanno deciso di dar vita ad una class action contro lo Stato italiano per chiedere giustizia. Alcuni di loro si sarebbero già rivolti a degli avvocati che li affiancheranno durante l’intera procedura. La class action pone al centro della questione il capitolo soccorsi. Si cercherà infatti di capire se le operazioni di salvataggio siano stato adeguate o se vi siano state delle responsabilità che hanno portato alla morte dei 71 migranti.

Class action per il naufragio di Crotone, parlano i legali

Un pool di avvocati, tra cui Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia e noto anche per essere stato il difensore di diversi pentiti tra cui Tommaso Buscetta, Mitja Gialuz, ordinario di Diritto processuale penale, e Vincenzo Cardone e Francesco Verri, cassazionisti esperti di Diritto penale internazionale, affiancheranno a titolo gratuito i parenti delle vittime.

Siamo stati incaricati da numerosi familiari delle vittime del naufragio di rappresentarli nei due procedimenti penali iscritti dalla Procura della Repubblica di Crotone. Il primo ha già condotto all’arresto di alcuni presunti scafisti che rispondono dei reati di disastro colposo e omicidio colposo plurimo quale conseguenza della violazione dolosa delle leggi sull’immigrazione. Il secondo procedimento mira a raccogliere gli elementi per valutare se ci sono responsabilità per il mancato soccorso in mare.

Spiegano gli avvocati.

Da Torino sono in arrivo i legali Marco Bona ed Enrico Calabrese che già in passato hanno assistito i familiari delle vittime di altre tragedie in mare, come quella del traghetto Norman Atlantic, dell’Al Salam Boccaccio e della Costa Concordia.

Incontreremo i familiari delle vittime che ci hanno contattato. Prenderemo in esame ogni possibile responsabilità di istituzioni nazionali e comunitarie, Frontex e Commissione inclusa. Vite e affetti non devono valere zero per chi deve salvaguardarli. Tanto meno le morti costituire occasioni di risparmio per i bilanci statali o dell’Ue.

Hanno dichiarato ai giornalisti del quotidiano La Stampa