Dopo 15 anni di disaccordi, fallimenti e trattative formali e informali in fase di stallo, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu) ha concluso la ratifica di un trattato ufficiale sull’alto mare che contribuirà a proteggere vaste aree degli oceani del nostro pianeta.
L’accordo giuridicamente vincolante è stato raggiunto dopo cinque lunghi cicli di negoziati guidati dalle Nazioni Unite che si sono conclusi sabato presso la sede centrale New York.
La nave ha raggiunto la riva.
Così ha scritto su Twitter Rena Lee, presidente della conferenza delle Nazioni Unite, per annunciare l’agognata fumata bianca.
Trattato per l’Alto Mare, in cosa consiste la novità presentata dall’Onu
I delegati degli oltre 100 Paesi coinvolti nella discussione hanno lavorato per tutta la notte di venerdì e sabato, discutendo su questioni politiche delicate come la ripartizione delle risorse marittime appena scoperte tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Ma alla fine da oggi esiste ufficialmente un Trattato sulle politiche dell’alto mare e degli oceani firmato e promosso dall’Onu.
Quanto andato in scena nella Grande Mela rappresentava il terzo ciclo di incontri nell’ultimo anno, il quarto se si considera l’appuntamento del Cop27 in Egitto lo scorso novembre. In questi mesi, tuttavia, le fratture non sembravano essersi ricomposte, al punto di generare un diffuso scetticismo in merito a possibili passi in avanti. Invece non solo i passi in avanti sono avvenuti ma sono stati anche sostanziali.
L’auspicio delle associazioni ambientaliste (Greenpeace in primis, presente al tavolo dei negoziati) è che finalmente la preoccupazione collettiva sul futuro legato alla sostenibilità della Terra riesca a prevalere in modo definitivi sugli interessi economici e politici.
In cosa consiste il Trattato appena firmato? In breve, l’ostacolo era soprattutto di carattere concettuale, in quanto con il termine “alto mare” si descrivono quelle zone dell’oceano che non fanno parte delle acque territoriali nazionali, e di conseguenza non rappresentano una “proprietà” per nessun Paese. Oltre al non banale problema di forma c’è anche un fatto di sostanza: l’alto mare costituisce infatti il 60% degli oceani e quasi la metà della superficie terrestre.
Il punto saliente, che rappresenta un altro obiettivo nell’agenda climatica internazionale, è stato denominato “30 by 30”: proteggere il 30% dell’alto mare entro il 2030. Molto più controversi i temi economici che riguardano le risorse, in particolare in ambito genetico e biotecnologico, alla base di industrie particolarmente avanzate in alcuni Paesi.
Il comunicato di Green Peace
Come anticipato, tra le associazioni che hanno esultato per il nuovo trattato sull’alto mare vi è stata anzitutto Green Peace. Quest’ultima ha rilasciato un lungo comunicato in cui ha riassunto ed esternato la propria soddisfazione per un accordo che suona come una “vittoria monumentale”. Ecco l’estratto delle dichiarazioni di Laura Meller di Green Peace:
Questo è un momento storico per la protezione della natura e degli oceani. Ed è anche un segnale che in un mondo sempre più diviso, la protezione della natura e delle persone può trionfare sui calcoli della geopolitica. Ci congratuliamo con tutti i Paesi per aver raggiunto un compromesso mettendo da parte le diverse posizioni e producendo un trattato che ci permetterà di proteggere il mare, aumentare la nostra resistenza ai cambiamenti climatici e proteggere la vita e il benessere di miliardi di persone.