In un punto stampa da Abu Dhabi il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha spiegato che potrebbe (come non potrebbe) esserci presto un viaggio in Cina:

Sono stata invitata in Cina dal presidente Xi Jinping quando ci siamo incontrati al G20, per ora non è calendarizzato, non lo escludo, chiaramente è anche conseguente rispetto alle scelte che faremo. Il rinnovo del memorandum? È oggetto, da parte nostra, di valutazione

La messa in dubbio del memorandum che lega Italia e Cina è stata accolta con plauso da parte della coalizione di governo. Maurizio Gasparri, a nome di Forza Italia, ha detto:

Più che giusta la prudenza del governo Meloni sulla Via della Seta, ovverosia sui rapporti con la Cina. Il governo Conte, regista Di Maio e anche un oscuro sottosegretario di cui si sono perse le tracce, ha sottoscritto accordi di subordinazione dell’Italia alla Cina. Con questo Paese si potrà avviare un normale dialogo quando non ci sarà più la dittatura comunista e ci saranno democrazia e libertà. La svendita dell’Italia alla Cina voluta da Grillo e dai grillini è finita. Non a caso Grillo, che diserta la scena politica, è andato nei giorni scorsi a Roma a genuflettersi davanti alle autorità diplomatiche cinesi. Lo fanno gratis o per lavoro?

I dubbi di Meloni sul Memorandum, ma di cosa si tratta?

Nel marzo del 2019 l’Italia governata da Giuseppe Conte e la Cina hanno firmato un importante memorandum d’intesa sulla Nuova Via della Seta. Il memorandum prevede la partecipazione dell’Italia alla Belt and Road Initiative (BRI), il progetto globale di sviluppo della Cina. In particolare, l’Italia si impegna, tra le altre cose, a sostenere la creazione di una nuova “via marittima della seta” attraverso il Mediterraneo, con la collaborazione del porto di Trieste e quello di Genova. L’intesa si svolge su sei linee: dialogo sulle politiche; trasporti, politica ed infrastrutture; commercio ed investimenti; collaborazione finanziaria; connettività people-to-people; cooperazione per lo sviluppo verde. Le modalità di collaborazione, si legge nel documento, si svolgono nei seguenti modi:

Scambi di visite ad alto livello e discussioni nel quadro dei meccanismi di scambio governativi e non governativi già esistenti. Le Parti amplieranno lo scambio di informazioni in vari settori e tramite molteplici canali, allo scopo di aumentare la trasparenza ed incoraggiare la partecipazione da ogni settore della società. Esplorare la possibilità di avviare programmi-pilota in settori chiave, scambi e cooperazione economica, ricerca congiunta, capacity building, scambi di risorse umane e formazione. Le Parti individueranno modelli di collaborazione reciprocamente vantaggiosi al fine di promuovere l’attuazione dei principali progetti previsti nell’ambito dell’iniziativa “Belt and Road”.

Il memorandum ha validità di 5 anni ed è rinnovabile per altri 5 anni finché una delle parti non decide di uscire dall’accordo. In quanto firmato nel 2019 ci si sta avviando verso la fine del primo – e forse ultimo – quinquennio d’intesa. L’Italia, quindi, ora guidata dal governo Meloni, dovrà decidere il da farsi. Dalle parole che filtrano dall’esecutivo il rinnovo parrebbe decisamente in dubbio. Anzi, la presenza stessa di Meloni in India potrebbe essere un segnale che va in questo senso: la ricerca, da parte del Premier, di sbocchi commerciali alternativi a quelli prospettati da Pechino. E proprio Meloni, prima che diventasse Premier, fece dichiarazioni lapalissiane: “Non rinnoverei l’accordo”.

Che cos’è la nuova via della Seta

Negli ultimi anni, la Cina ha lanciato un progetto ambizioso e di vasta portata chiamato la Nuova Via della Seta, conosciuta anche come la Belt and Road Initiative (BRI). Il progetto ha l’obiettivo di creare una vasta rete di rotte commerciali e infrastrutture di trasporto per collegare la Cina con l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente, in una sorta di rinascita dell’antica Via della Seta. Se è vero che il progetto cinese rappresenta una opportunità economica e finanziaria, in quanto occasione per espandere il raggio commerciale, alcuni ne ravvedono una modalità per la Cina di espandere la propria influenza sul mondo. Non solo in Asia ma, per l’appunto, anche in Europa.