Roberto Speranza è in attesa di sviluppo dall’indagine della procura di Bergamo. Egli era, all’epoca dei fatti, Ministro della Salute del governo Conte II. Ma le grane, per lui, potrebbero non essere finite qui. Secondo quanto scrite La Verità, infatti, ci sarebbe un collegamento tra l’ex Ministro e Francesco Piro: Consigliere della Regione Basilicata finito in manette, nell’ottobre del 2020, su richiesta del pm antimafia di Potenza Vincenzo Montemurro, per corruzione. L’accusa è legata ai lavori per la costruzione di un ospedale unico di Lagonegro. Era il sogno di Piro far nascere la struttura lì, dove risiedeva buona parte del suo bacino elettorale. La faccenda si è risolta in poche settimane: prima va ai domiciliari poi torna in libertà e, quindi, al suo ruolo in Consiglio Regionale.
Il filo tra Piro e la casa del Ministro Speranza
Nell’ambito delle ricerche sarebbero emerse, riporta La Verità, delle intercettazioni che evidenziano il rapporto confidenziale tra Roberto Speranza e Francesco Piro: a quanto pare il primo avrebbe chiesto aiuto al secondo per la ristrutturazione di casa sua. Piro, infatti, si sarebbe messo a disposizione per aiutare l’amico (“Sono molto amico – si sarebbe udito dalle intercettazioni – di Roberto Speranza. Lo sanno tutti, tengo un rapporto molto personale) tramite un’impresa di costruzioni che controllava. Il motivo? L’ipotesi è quella che Piro sperava di ottenere, in cambio, una intercessione per la faccenda dell’ospedale di Lagonegro. Le intercettazioni, infatti, sarebbero antecedenti all’arresto di Piro. Collocabili, nello specifico, in pieno periodo di emergenza Covid. Lo si evince dal seguente stralcio intercettato: “Hai risolto il Covid lì?” – ha chiesto Piro – Speranza ha detto: “Ma tu non sai che… che periodo ho passato… tu… non puoi immaginare neanche lontanamente”. Poi Speranza, evidentemente interessato ai lavori di casa sua, avrebbe incalzato Piro: “Vorrei chiuderla ’sta partita perché… hai capito… ma a che punto siamo? Abbiamo finito quasi, no?”. Piro spiega: “Sì sì sì… mancano due dettagli insomma… ma…“. Speranza: “Così chiudiamo tutto, mettiamo tutto a posto”. Piro lo rassicura: “Sì va be’! No, ma quello non è un problema, cioè no, figurati, quello è l’ultimo dei problemi, l’importante è che voglio dire è che è contenta…“. Il riferimento è alla moglie di Speranza, che replica: “No, lei era molto contenta di come sta venendo“. L’appartamento piace all’imprenditore: “Ho visto le foto… una cosa veramente di gran gusto, l’architetto è veramente una persona molto professionale… poi sai le donne sono sempre più rispetto agli uomini…“. Speranza lo interrompe: “Più tignose! Più tignose”.
Il credito di Piro
Insomma, secondo La Verità Francesco Piro si sarebbe fatto avanti per ottenere una sorta di credito nei confronti di Roberto Speranza. Un credito da pretendere alla bisogna, probabilmente per l’ospedale di Lagonegro. Ma c’era anche un altro desiderio nel cuore di Piro – aggiunge chi ha portato avanti l’inchiesta – ossia impallinare il procuratore della Repubblica di Lagonegro Gianfranco Donadio, le cui attenzioni probabilmente lo preoccupavano, sollecitando un’ispezione di via Arenula. C’entra anche la giustizia, quindi, in questa storia. Non a caso Piro invoca anche un intervento dell’allora Ministro della Giustizia Bonafede e, nell’esercitare il suo credito, avrebbe chiesto a Speranza: “Io mi sono messo a disposizione, ci ho rimesso 30.000 euro, quindi mo’ mi serve una mano a me e me la dai chiamati a Bonafede e manda l’ispezione”. Insomma, mentre la procura di Bergamo indaga sul Covid, e mentre si appresta a rientrare nel Pd, Roberto Speranza si prepara ad affrontare un’altra grana.